Venerdì 11 settembre a Lido di Venezia alle 17,00. La Federazione SEL di Treviso aderisce alla manifestazione.
L’appello
E’ arrivato il momento di decidere da che parte stare. E’ vero che non ci sono soluzioni semplici e che ogni cosa in questo mondo è sempre più complessa. Ma per affrontare i cambiamenti epocali della storia è necessario avere una posizione, sapere quali sono le priorità per poter prendere delle scelte.
Noi stiamo dalla parte degli uomini scalzi. Di chi ha bisogno di mettere il proprio corpo in pericolo per poter sperare di vivere o di sopravvivere. E’ difficile poterlo capire se non hai mai dovuto viverlo. Ma la migrazione assoluta richiede esattamente questo: spogliarsi completamente della propria identità per poter sperare di trovarne un’altra. Abbandonare tutto, mettere il proprio corpo e quello dei tuoi figli dentro ad una barca, ad un tir, ad un tunnel e sperare che arrivi integro al di là, in un ignoto che ti respinge, ma di cui tu hai bisogno.
Sono questi gli uomini scalzi del 21°secolo e noi stiamo con loro. Le loro ragioni possono essere coperte da decine di infamie, paure, minacce, ma è incivile e disumano non ascoltarle.
La Marcia degli Uomini Scalzi parte da queste ragioni e inizia un lungo cammino di civiltà. E’ l’inizio di un percorso di cambiamento che chiede a tutti gli uomini e le donne del mondo globale di capire che non è in alcun modo accettabile fermare e respingere chi è vittima di ingiustizie militari, religiose o economiche che siano.
Non è pensabile fermare chi scappa dalle ingiustizie, al contrario aiutarli significa lottare contro quelle ingiustizie. Dare asilo a chi scappa dalle guerre, significa ripudiare la guerra e costruire la pace.
Dare rifugio a chi scappa dalle discriminazioni religiose, etniche o di genere, significa lottare per i diritti e le libertà di tutte e tutti.
Dare accoglienza a chi fugge dalla povertà, significa non accettare le sempre crescenti disuguaglianze economiche e promuovere una maggiore redistribuzione di ricchezze.
Venerdì 11 settembre lanciamo da Venezia la Marcia delle Donne e degli Uomini Scalzi. In centinaia cammineremo scalzi fino al cuore della Mostra Internazionale di Arte Cinematografica. Ma invitiamo tutti ad organizzarne in altre città d’Italia e d’Europa.
Per chiedere con forza i primi quattro necessari cambiamenti delle politiche migratorie europee e globali:
1. certezza di corridoi umanitari sicuri per vittime di guerre, catastrofi e dittature
2. accoglienza degna e rispettosa per tutti
3. chiusura e smantellamento di tutti i luoghi di concentrazione e detenzione dei migranti
4. creare un vero sistema unico di asilo in Europa superando il regolamento di Dublino
Perché la storia appartenga alle donne e agli uomini scalzi e al nostro camminare insieme.
L’appuntamento è Venerdì 11 settembre alle 17.00 a Lido S.M.Elisabetta.
Primi firmatari
Lucia Annunziata
Don Vinicio Albanesi
Gianfranco Bettin
Marco Bellocchio
Don Albino Bizzotto
Elio Germano
Gad Lerner
Giulio Marcon
Valerio Mastrandrea
Grazia Naletto
Giusi Nicolini
Marco Paolini
Costanza Quatriglio
Roberto Saviano
Andrea Segre
Toni Servillo
Sergio Staino
Jasmine Trinca
Daniele Vicari
Don Armando Zappolini (CNCA)
Mauro Biani, vignettista de il Manifesto
Fiorella Mannoia
Frankie Hi Nrg
Maso Notarianni
Ascanio Celestini
Amnesty International Italia
CGIL Nazionale
Emergency
Arci
Acli
Terres des Hommes
Mani Tese
Medici Senza Frontiere
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Aiutiamoli a casa nostra
Quando alla fine di agosto abbiamo pensato di organizzare, in solidarietà con i migranti, la «marcia delle donne e degli uomini scalzi» a Venezia, non pensavamo che in pochi giorni avrebbero aderito più di 300 organizzazioni e 1500 personalità e che si sarebbero organizzate l’11 settembre — in contemporanea a Venezia — manifestazioni in altre 61 città italiane (per info:http://donneuominiscalzi.blogspot.it/p/lista-generale.html).
Ci ha spinto un’urgenza politica ed etica di fronte alla strage di centinaia di migranti in mare, all’inazione dell’Italia e dell’Europa e ai muri e ai fili spinati che si ergevano nel nostro continente per impedire a migliaia di profughi di trovare asilo e protezione nei nostri paesi. La risposta è stata straordinaria.
L’11 settembre decine di migliaia di persone manifesteranno in tutta Italia per dire no ai muri e alla Fortezza Europa, per dire che ci vogliono dei corridoi umanitari, che vanno chiusi i centri di detenzione, che serve una organica normativa europea sul diritto di asilo, che va superato il regolamento di Dublino. Ci saranno manifestazioni anche a Parigi e a Lipsia.
Sotto l’onda dell’emozione dei morti e della marcia dei profughi siriani sull’autostrada ungherese, qualcosa nel frattempo si è mosso. La Germania ha costretto gli altri paesi all’apertura delle frontiere e ha accolto i profughi siriani, si è dato vita ad un (limitato) piano di accoglienza europeo, si va nella direzione di una politica unitaria in materia di asilo. Ma ci sono molti «ma».
La Merkel, pur dichiarando positivamente che non c’è alcun limite ad accogliere a chi scappa dalle guerre, ha detto ad Orbán che l’apertura delle frontiere è stata e sarà «una tantum» ed il premier ungherese ha ripreso a costruire il muro ai confini della Serbia. Volano, poi, «venti di guerra»: dalla Gran Bretagna alla Francia, si ricomincia a parlare di raid aerei in Siria. Così non si fermerà l’Isis, ma si alimenteranno nuovi flussi di disperati. Per i profughi che arrivano dal mare, poi, niente di nuovo. Si continua con Triton, mentre servirebbe una vera e propria missione di soccorso di chi si imbarca per arrivare da noi.
E Renzi, qui in Italia, dovrebbe fare qualcosa di più delle sue roboanti dichiarazioni: dovrebbe chiudere i centri di detenzione, rifare una Mare Nostrum solamente umanitaria, introdurre il diritto di voto alle elezioni amministrative per i migranti residenti, mettere in campo un piano straordinario e strutturale per l’accoglienza di 500mila profughi nei prossimi due anni, senza se e senza ma.
È triste dare ragione al Pentagono: ma si tratta di un’emergenza almeno ventennale. Forse più. E non solo per le guerre, la violazione dei diritti umani e la povertà. Nei prossimi anni verranno al pettine i nodi dei cambiamenti climatici: milioni di profughi si metteranno in marcia per sfuggire alla siccità e alla desertificazione di una parte sempre più grande dell’Africa.
Tutti motivi per metterci in marcia a piedi scalzi anche noi venerdì prossimo e per non fermarci nemmeno dopo. Altro che «aiutiamoli a casa loro». Ora, si tratta di aiutarli a casa nostra o, meglio, di aiutarci tutti insieme su questa terra, che è di tutti.
Giulio Marcon, Andrea Segre