All’Italia serve una scuola democratica
e alla Scuola serve un Sindacato Nuovo
1. Dirigente padrone o Preside elettivo?
La riforma della scuola che il governo Renzi intende imporre all’Italia è, in realtà, la vittoria di quanti negli ultimi anni vogliono imporre un modello aziendale e manageriale alla scuola pubblica del nostro Paese.
Termini come “concorrenza” e “competizione” sono ormai entrati nel lessico comune anche parlando di scuola, ma la competizione e la concorrenza tra gli insegnanti e tra le scuole sono quanto di più lontano ci sia dall’insegnamento, inteso nel senso più autentico e fecondo del termine.
Per favorire l’azione didattica, in una scuola è fondamentale che regni l’armonia e la collaborazione tra gli insegnanti, cose che difficilmente potranno esistere se i docenti saranno in competizione permanente tra loro e se vedranno nei colleghi degli avversari con cui contendersi i favori del dirigente-padrone; e invece di chiedere consiglio e di confrontarsi coi colleghi , si cercherà piuttosto il modo per emergere su di loro: una vera barbarie!
E che senso ha confrontare con logica aziendale, e quindi porre in competizione tra loro, scuole molto diverse per situazione ambientale, sociale, umana? Nel valutare l’operato di una scuola e dei suoi insegnanti ci possiamo dimenticare delle situazioni di partenza, che ovviamente determinano in molta parte quelle d’arrivo?
Ricordiamoci che nella vita e nella società non tutto è mercato, che la scuola non è un’azienda e che i risultati dell’insegnamento non sono prodotti commerciali.
Ma alcuni non la pensano così e la vedono proprio come un’azienda; e un’azienda non è tale se non è guidata da un manager: ecco il senso dell’ulteriore rafforzamento dei dirigenti scolastici che con la riforma di Renzi potranno definire il piano triennale dell’offerta formativa (cioè decidere cosa produrre), scegliere i docenti da assumere ( cioè diventare i padroni che decidono chi assumere), premiare i “migliori” (cioè consolidare il loro aspetto padronale con incentivi economici decisi da loro). Va da sé che una scuola così è la negazione della scuola pubblica che avevamo conosciuto; il bello è che ce la vendono come il modo per migliorare la scuola italiana, da anni invece sottoposta a tagli delle risorse di vario e diverso tipo. E non cambierà la sostanza delle cose qualche correttivo che dovesse essere apportato al testo di partenza: resterà sempre lo spirito di questa legge, che si pone in diretta continuità con la ex proposta di legge Aprea.
E’ di questo che l’Italia ha bisogno? Credo proprio di no!
Vogliamo davvero che le scuole pubbliche (e dunque per loro natura trasversali) possano nel tempo diventare scuole a immagine e somiglianza del loro dirigente scolastico, caratterizzate in un determinato senso culturale, ideologico, politico? Questo è un rischio concreto, se il manager può assumere chi ritiene più “adatto”.
E oltre a ciò, vogliamo davvero che si rischi di arrivare ad assumere gli “amici” e gli “amici degli amici”, introducendo il malaffare e la corruzione nella scuola, uno dei pochi settori finora indenni nello sfacelo morale dei nostri anni?
Non mi sembra che questo sia un pericolo fantasioso e alla politica spetta il compito di migliorare la scuola, non di distruggerla.
L’Italia attraversa, a mio parere, una fase di involuzione autoritaria della sua cultura politica: dobbiamo ricostruire dal basso una diffusa cultura democratica e dobbiamo cominciare a farlo proprio dalla scuola rafforzandone gli aspetti democratici, a suo tempo introdotti con gli organi collegiali .
E’ nostro compito lanciare la sfida al partito aziendalista e portare la scuola ad essere un’autentica comunità democratica della cultura: perciò è tempo che venga riformata la testa delle istituzioni scolastiche e che si dia vero senso all’Autonomia scolastica: dobbiamo abolire la figura del dirigente scolastico di nomina amministrativa (altro che trasformarlo in manager-padrone !) e istituire il Preside eletto dalla comunità scolastica, un docente primus inter pares responsabile della didattica.
Va da sé che il preside eletto non dovrà essere un manager-padrone ma il riferimento e il responsabile della attuazione delle scelte didattiche operate democraticamente dalla scuola; e la scuola sarà modello vivente di democrazia, con insegnanti liberi e in grado quindi di insegnare il valore della libertà (non degli “yes-man”, come altri vorrebbero).
Questa è la vera sfida! Alla politica spetta il compito di portare la scuola verso questa nuova realtà; ai partiti spetta il compito di proporre questa idea alternativa di sistema scolastico per ridare slancio e vigore ai valori repubblicani nella scuola e nella società.
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2. Sindacato nuovo?
I docenti e il personale non docente, oltre agli studenti, stanno attuando la loro resistenza alla riforma Renzi e lo abbiamo visto di recente con l’adesione massiccia allo sciopero unitario proclamato dai sindacati per il 5 maggio scorso, consapevoli tutti della gravità dei pericoli che corrono la scuola e la cultura democratica: bene. E dopo?
In passato abbiamo già visto che l’unità dell’azione sindacale è durata molto poco; come non ricordare per esempio il grande sciopero del 2008 e l’unità subito frantumatasi? Spesso poi sono stati proclamati scioperi che coinvolgevano questo o quel sindacato, o questi piuttosto che quegli altri. Ma la divisione fa il gioco della controparte e i lavoratori della scuola non ne possono più: vogliono una volta per tutte l’unità sindacale.
Ovviamente ogni sindacato ha, legittimamente, la sua storia, la sua identità, la sua struttura, i suoi programmi, non sempre coincidenti con quelli degli altri, e tutto ciò è difficile da superare.
Ma la storia si muove, la società va avanti, e non possiamo arrenderci all’idea che i lavoratori della scuola (vorrei dire: i lavoratori in generale) non possano avere un Sindacato Nuovo, un sindacato unito che superi le divisioni in modo permanente, organico, stabile.
Perché non individuare quei punti e obiettivi programmatici sicuramente comuni a tutti e cominciare un percorso unificante creando una Federazione Nazionale della Scuola? Questa potrebbe essere un contenitore comune dentro il quale gli attuali sindacati potrebbero anche continuare a mantenere le loro individualità, ma ricondotte a unità per le lotte comuni. Poi, nel proseguo degli anni, la cosa potrebbe evolvere ulteriormente, oppure no, se risultasse impossibile, ma qualcosa di unito ci sarebbe comunque. Intanto cominciamo, poi si vedrà.
Il momento è maturo : proviamoci.
12 maggio 2015
Stefano Fumarola