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Sinistra Italiana sui fatti di Parigi: gli interventi in Parlamento

Intervento del capogruppo di Sinistra Italiana Arturo Scotto alla Camera sulle comunicazioni del Governo sui fatti di Parigi:scottoo

“Signora Presidente, signori Ministri, Sinistra Italiana esprime il suo cordoglio profondo verso il popolo di Parigi, verso le famiglie delle vittime, verso tutti coloro che nel corso degli ultimi giorni hanno dovuto contare non semplicemente i morti e i feriti ma hanno dovuto fare i conti con le proprie biografie, con i propri tempi di vita, con i propri valori ed esprime il proprio cordoglio alla famiglia di Valeria Solesin, una nostra connazionale, su cui vorrei fermarmi un attimo perché lei rappresenta quella meglio gioventù che nel corso degli ultimi anni ha scelto di frequentare il mondo con il punto di vista della volontaria di Emergency dentro i luoghi della sofferenza provocati da quelle guerre che hanno prodotto tanta parte dei lutti che oggi si sono determinati.

E vorrei guardare a questa crisi con gli occhi di tante donne e di tanti uomini di professione musulmana: ha ragione chi lo diceva, ha ragione anche il presidente Cicchitto, che nel corso degli ultimi anni sono stati le principali vittime del Daesh. Quando andiamo a fare la contabilità dei tanti migranti che scappano, dei rifugiati, dovremmo cominciare a ricordare più spesso, prima ancora che interrogarci sui fenomeni, che scappano dalle guerre provocate dall’estremismo islamico del Daesh e da quelle dittature che tutti diciamo a parole di voler combattere.

Io credo che sia il momento della responsabilità: della responsabilità innanzi tutto nell’uso delle parole, perché abbiamo una funzione parlamentare e siamo un Paese che sta dentro un contesto difficile. Lo diceva prima il Ministro Gentiloni: non siamo fuori da questa crisi, siamo pienamente dentro i rischi di quel terrorismo che – come ha detto Anne Hidalgo – non ci toglierà la gioia di vivere, di continuare a vivere un’esistenza normale, a non procedere a quello scambio tra sicurezza e libertà che vorrebbero imporci coloro che scelgono di fare gli attentati a Parigi, ma anche quell’attentato sull’aereo russo che tornava da Sharm el-Sheikh o, cosa non citata da nessuno, l’attentato di tre giorni fa a Beirut, dove hanno perso la vita tante persone.

Quindi ci troviamo di fronte alla scelta di costruire un profilo come Paese, e di fare di più. Ha ragione, Gentiloni: dobbiamo fare di più; ma mettiamoci d’accordo su cosa significa fare di più. Io penso che fare di più oggi significa innanzitutto chiudere i rubinetti finanziari che stanno alimentando ancora oggi il Daesh, in queste ore ! Fare di più significa fare una scelta molto precisa: disarmare il Medio! E non come nel corso degli ultimi anni (penso agli ultimi due), continuare a trafficare le armi con le «petromonarchie», 741 milioni nel 2014, 880 milioni nel 2013: anche così si disarma il Medio Oriente, interrompendo quel flusso. Perché come scrivevano in un autorevole editoriale di Famiglia Cristiana due giorni fa, occorre forse cominciare a dire che qualche volta i soldi puzzano; e in questo caso puzzano tantissimo, perché puzzano di morte, alimentano le dittature e talvolta finanziano il terrorismo .

E occorre forse fare delle scelte un po’ più nette, anche rispetto ad alleati: alleati preziosi, nella NATO e ci auguriamo in futuro anche nell’Unione europea. Bisogna dire qualche parola in più, Ministro Gentiloni, sulla Turchia: perché nel momento in cui oggi si firmava una carta importantissima al G20 qualcuno continuava a bombardare le postazioni curde che sono in prima linea nella lotta contro il Daesh ! E questo a maggior ragione se sono vere, come sono vere, le cose che lei diceva rispetto alla liberazione di Sinjar: che significano una cosa ben precisa, che il Daesh comincia a perdere terreno e quindi sceglie di diversificare la sua strategia. Lì c’erano i peshmerga, ma c’erano anche i combattenti di quelle organizzazioni che ancora oggi sono dentro la lista internazionale delle organizzazioni considerate terroristiche, e che però, come il PKK, stanno combattendo sul terreno l’integralismo islamico.

Bisogna fare di più, costruire una coalizione larga, favorire il dialogo, come lei ha detto, tra Russia, Unione europea e Stati Uniti, e costruire, come si è cominciato a fare a Vienna, una transizione politica per superare la dittatura di Assad, ma evitare che si determini il vuoto, che si determini la tripartizione di quel Paese e la nascita e la stabilizzazione di uno Stato terrorista.

Occorre fare di più, a partire da scelte molto chiare sull’intelligence. Io la dico così, passatemi la battuta, siccome il terrorismo tende a portarci tutti in un eterno presente e quindi a cancellare la memoria – mi è venuto in mente leggendo i giornali, come tutti quanti voi, dove si diceva che gli attentatori di Parigi avevano scambiato informazioni attraverso una console della Playstation perché, probabilmente, altri strumenti erano facilmente intercettabili –, vorrei ricordare, proprio perché abbiamo il dovere di coltivare la memoria quando parliamo di guerra, che fece molto di più Alan Turing con il sistema di decrittazione di Enigma contro la Germania nazista durante la Seconda Guerra Mondiale che le tremila tonnellate di bombe che furono scaricate inutilmente su Dresda. Forse occorrerebbe allora un investimento maggiore su questo terreno.

Occorrerebbe mettere al centro una politica che metta definitivamente la parola «fine» – lei lo diceva, Ministro, e lo abbiamo molto apprezzato – rispetto ad errori fatti in passato. Abbiamo dovuto attendere quindici anni per sentire Tony Blair dire che probabilmente è stato fatto un errore invadendo l’Iraq e che probabilmente se oggi ci troviamo il Daesh e il proliferare di integralismi la responsabilità è da rintracciare lì, perché l’illusione coltivata di esportare la democrazia sulle ali dei cacciabombardieri è stata all’origine del disastro con cui oggi dobbiamo tutti quanti confrontarci. Occorre da questo punto di vista fare una seria autocritica se vogliamo guardare avanti e battere il terrorismo insieme, reagendo come grande Paese in un’Europa che continua a coltivare quei valori di libertà, di uguaglianza e di fratellanza a cui non vogliamo rinunciare !”

 

Intervento di Peppe De Cristofaro al Senato:de-cristofaro-sel

“Signor Presidente, oggi più che mai vorrei usare qui parole di responsabilità, perché penso che dinanzi a fatti, che anche i Ministri ci hanno riferito, così drammatici e sconvolgenti non debba esserci alcuno spazio per strumentalizzazioni di sorta, e non debba esserci alcuno sciacallaggio, buono solo per lucrare sulle preoccupazioni di una opinione pubblica inevitabilmente impaurita.

Vorrei ovviamente cominciare anche io con le condoglianze e la vicinanza del mio Gruppo e del mio partito alle famiglie delle vittime e, in particolare, della nostra connazionale Valeria Solesin: è stato detto, una giovane donna, una giovane studiosa, una volontaria impegnata proprio nei luoghi della sofferenza che – penso proprio che abbia ragione la madre – mancherà moltissimo non solo alla sua famiglia, ma al nostro Paese intero.

Noi oggi piangiamo le vittime degli attentati di Parigi, come qualche giorno fa piangevano le famiglie delle centinaia di russi colpiti in un aereo e, in un’altra parte del mondo, i libanesi colpiti da un attentato in un supermercato nei quartieri meridionali di Beirut. Basterebbe ricordare qui, assieme a tutti gli altri, purtroppo proprio quei morti, cittadini islamici, per sgomberare il campo da una menzogna che non ha alcun diritto di cittadinanza, cioè l’equiparazione intollerabile tra terrorismo e Islam, che è esattamente quello che Daesh vuole far credere. Proprio perché invece la tragedia di Parigi ci colpisce con la stessa intensità che avrebbe avuto se fosse accaduta nel nostro Paese, credo che abbiamo il dovere di fare contro Daesh di più, molto di più di quello che abbiamo fatto fino ad oggi. E abbiamo anche il dovere di parlare un linguaggio che allo stesso tempo crediamo debba essere di responsabilità ma anche di verità.

Signori Ministri – lo dico in particolare, naturalmente, al Ministro degli affari esteri, per la sua competenza specifica – c’è stata un’ambiguità sul contrasto al terrorismo che adesso emerge con sempre più chiarezza; un contrasto, anche quello della coalizione internazionale, purtroppo spesso più di facciata che concreto, visto che troppi dei protagonisti anche di quella coalizione nei fatti continuavano ad alimentare il califfato sostenendolo, finanziandolo. Credo che dobbiamo intenderci proprio su questo punto: su cosa significa fare di più e su qual è il modo più efficace per combattere il califfato. Noi crediamo che fare di più significhi innanzitutto chiudere le transazioni finanziarie, interrompere i flussi di denaro relativi innanzitutto al mercato del petrolio (come è stato ricordato), a quello delle opere d’arte, a quello delle armi.

Proprio sulle armi crediamo che questa cosa significhi bloccare quei traffici anche con quelle monarchie che hanno alimentato il mostro e che vanno invece richiamate dall’intero mondo libero alle loro decisive responsabilità. Disarmare il Medio Oriente è ancora una volta riconoscere che chi combatte Daesh sul campo, quindi certamente i peshmerga, ma anche i curdi del PKK sono un interlocutore fondamentale e non un nemico, come invece ha continuato e continua a fare un Paese come la Turchia che, anche nelle ore immediatamente successive agli attentati di Parigi, ha continuato a bombardare le postazioni curde e non quelle dell’ISIS.

Noi non dobbiamo avere più alcuna esitazione nel dire che queste drammatiche ambiguità non sono più accettabili. Considero queste misure, questi elementi di chiarezza – e qui davvero sta, fino in fondo, la responsabilità di tutti quanti noi – molto più efficaci di qualunque intervento militare, che evidentemente non potrà essere risolutivo del problema, in particolare se privo di quel respiro strategico che manca da troppi anni e la cui assenza è stata, almeno negli ultimi due decenni, uno dei motivi dei tanti fallimenti che hanno prodotto le missioni di guerra. Respiro strategico significa – come è stato anche questa mattina autorevolmente ricordato su un quotidiano nazionale – definire il campo degli amici e dei nemici, favorendo il dialogo tra la Russia, gli Stati Uniti e l’Europa, ovviamente, senza, però, dimenticare la fondamentale interlocuzione, ad esempio, con quel mondo sciita, anch’esso sotto l’attacco di Daesh, a partire dall’Iran, elemento essenziale per aiutare a costruire quella transizione politica in Siria, che serve non solo a superare la dittatura di Assad, ma anche ad evitare che si determini un vuoto con la realistica possibilità, a quel punto, della tripartizione di quel Paese e la nascita di uno Stato terrorista.

Infine – e qui mi rivolgo prevalentemente al Ministro dell’interno – un’ultima questione, che riguarda quel lavoro decisivo e fondamentale, dal nostro punto di vista, di intelligence e di prevenzione. Credo che finora in Italia dalle forze di polizia e di investigazione sia stato fatto un buono lavoro, che evidentemente deve essere intensificato. Credo anche che occorra migliorare molto la cooperazione con le forze di polizia degli altri Paesi europei, elemento ancora una volta decisivo per il contrasto al terrorismo. Fare questo significa individuare, selezionare, parlare, ovviamente, con le comunità non fondamentaliste, con la stragrande maggioranza del mondo musulmano e non certo sparare nel mucchio, come vorrebbe, per l’appunto, una facile propaganda, attraverso quelle semplici equiparazioni che evidentemente fanno soltanto il gioco del califfato.

Occorre fare questo e farlo, Ministri, Presidente, anche e soprattutto senza cambiare la nostra democrazia. Io credo e noi crediamo che non piegarsi al terrorismo significhi soprattutto due cose: non piegarsi al loro orrore e quindi cercare il modo più efficace per distruggerlo per sempre; ma anche non cambiare noi stessi, non rinunciare non solo alle nostre abitudini – certo – al nostro modo di vivere, ai nostri valori, ma soprattutto alla nostra democrazia. Noi non diventeremo come loro, perché proprio questo è quello che vogliono loro.”

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Siamo tutti Charlie

Ai terroristi fanatici, assetati di sangue e di scontro di civiltà, assertori della superiorità di una religione sull’altra o sul laicismo, nemici della libertà e della democrazia, non bisogna darla vinta, né dal punto di vista dell’ordine pubblico e del confronto militare, né dal punto di vista culturale.

Hanno colpito il cuore dell’Europa tollerante e democratica, a poca distanza dalla Bastiglia. Nella città nella nazione che ha dato all’umanità la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. Ammazzando quelli che della libertà di pensiero e di espressione avevano fatto il loro credo e la loro missione, e del rifiuto di ogni principio di autorità la loro visione del mondo.

Alla sfida dei fanatici e dei fondamentalisti si risponde opponendo ragionevolezza, tolleranza e laicità, non fanatismi e integralismi di altro tipo. Per questo il motto “Je suis Charlie” e il simbolo della matita rappresentano la risposta più forte alla sfida portata al cuore della nostra civiltà. Siamo tutti Charlie, siamo tutti portatori sani di libertà, democrazia e irriverenza. Alla faccia dei cupi oscurantisti, delle lorGlobal Reaction To The Terrorist Attack On French Newspaper Charlie Hebdoo ossessioni psichiatriche, della loro voglia di morte e di annientamento.

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Tien a ment.. i diritti umani

Tien a ment..  i dirtti umani

Il 4 giugno è il 25^ anniversario della strage di piazza Tienanmen, strage di
cui la maggior parte di noi ricorda solo l’immagine di un ragazzo che, solo e
fermo, blocca una colonna di carri armati. Tranquilli, la vedremo domani in TV e poi se ne riparlerà tra 5 anni. “Mors tua, vita mea” dice il motto e questo celebriamo oggi al di là della retorica.
Se per i cinesi “l’incidente” di piazza Tienanmen ha significato l’ennesima e cruda presa d’atto del potere del partito comunista al governo sulle loro vite, per il resto del mondo politico (USA, Europa, ONU stessa) ha significato e significa tuttora aver deciso di abdicare in maniera consapevole e cosciente al rispetto dei diritti umani di qualche miliardo di persone in favore degli interessi economici dei propri paesi.

Già, perché l’economia di una grossa fetta del nostro mondo si basa quasi
esclusivamente sullo sfruttamento altrui e l’unica cosa che importa a chi
ci governa dal punto di vista economico è che ciò non turbi la nostra
sensibilità di consumatori, quindi è bene che domani si celebri questo
anniversario e poi si cambi argomento. Sarebbe dannoso che ci si fermi a pensare che è la mancanza di diritti civili, culturali, politici e sociali per la maggior parte della popolazione mondiale a creare il nostro ‘benessere’.

La questione dei diritti umani in genere è considerata un ragionamento da
perditempo, da intellettuali oziosi che non si sporcano le mani con il
problemi reali del lavoro e dell’economia e questo è il grande bluff.
I problemi attuali del nostro paese relativi alla delocalizzazione e alla
conseguente perdita di posti di lavoro è dovuto anche all’aver
considerato non solo normale, ma furbo e lungimirante andare a produrre
dove c’è meno tutela dei diritti, ad esclusivo vantaggio di chi produce e a
scapito sia di chi perde il posto ora, sia di chi oggi guadagnerà un posto
di lavoro sottopagato e sfruttato in un altro stato europeo, per poi
trovarsi tra qualche anno a sua volta senza lavoro ed ancor meno diritti.

A proposito di diritti umani in Cina, del ragazzo che rivedremo domani in
TV non si sa più nulla dal 5 giugno 1989. Per la precisione, ci piace ricordare che i paesi che concludono rapporti commerciali o di collaborazione con l’Unione europea sono tenuti al rispetto dei diritti umani, ma di questo non c’è traccia reale nei contratti firmati quotidianamente con la Cina.

Alessia Grassigli

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di | 3 giugno 2014 · 13:12

Svuotare gli arsenali, riempire i granai

volantino spese militari.jpg

versione scaricabile:

volantino spese militari.pdf

L’Italia spende oltre 25 miliardi di euro per la difesa militare, pari a circa l’1,4 per cento del proprio prodotto interno lordo.
Si tratta di un volume di spesa ingiustificato, tanto più nel momento in cui si chiede ai cittadini italiani di sopportare manovre inique che tagliano la spesa sociale e il trasporto pubblico piuttosto che rinunciare a qualche cacciabombardiere. E nuovi pesanti sacrifici si annunciano alle porte.
Oggi più che mai è necessario investire nella scuola, nella sanità, nella cultura, nell’edilizia pubblica e popolare per ridurre e invertire la tendenza al progressivo depauperamento dei lavoratori e dei pensionati.
La spesa militare può essere ridotta già dal prossimo anno di almeno 1,5 miliardi di euro attraverso l’uscita dal programma JSF (151 cacciabombardieri F-35), il totale ritiro dall’Afghanistan, la cancellazione del programma per ulteriori 4 fregate FREMM, la cancellazione del programma missilistico MEADS; con la soppressione del 50% delle unità corazzate e di artiglieria, la riduzione del numero delle basi dell’Aeronautica militare, la messa in riserva di unità navali, la soppressione dell’indennità di ausiliaria, a partire già dal 2013/2014 il risparmio realizzato si può calcolare in circa 2,5 miliardi l’anno; entro il quinquennio successivo è possibile raggiungere un risparmio complessivo di circa 4,5 miliardi l’anno mediante ulteriori misure di riduzione.
Crediamo che attraverso la riduzione delle spese militari e di quelle per opere faraoniche e inutili come il ponte sullo stretto di Messina, si possano anche reperire le risorse per la prima grande opera pubblica di cui l’Italia ha bisogno: LA MESSA IN SICUREZZA DEL TERRITORIO, per non ritrovarsi ogni anno alle prime piogge a contare i morti per le frane e le alluvioni che devastano l’Italia dal nord al sud.
www.selveneto.eu

Per approfondire:

Nota del COCER da L’Unità del 20/12/2011

Il Sito del SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute)

Con un ricco database dove si trovano le spese militari divise per Nazioni.

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Mettete dei fiori nei vostri cannoni…

Incontro pubblico sulla riduzione delle spese militari
in collaborazione con Montebelluna Nuova

L’Italia è l’ottavo paese al mondo per spese militari. È giusto? Ce lo possiamo permettere? A chi serve?
Ne parliamo con :
Elettra DEIANA
Sinistra Ecologia Libertà

Don Albino BIZZOTTO
Beati i Costruttori di Pace

Coordina: Davide Quagliotto
Montebelluna Nuova

MONTEBELLUNA
sala CINEMA ITALIA
Lunedì 12 dicembre 2011
Dalle ore 20,00 alle ore 22,15

La domenica precedente (11 Dicembre) gazebo in piazza per distribuire volantini e raccogliere firme sulla petizione popolare.

versione scaricabile:

volantino 12 dicembre.pdf
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Comunicato contro la guerra in Libia


La decisione del governo italiano di aderire alle richieste degli Stati Uniti  e della NATO e di partecipare attivamente ai  bombardamenti aria-terra contro le truppe libiche di Gheddafi segna un grave salto di qualità nel coinvolgimento del nostro paese in un conflitto che, dopo un mese dal suo inizio, appare in un una fase di stallo.

E’ chiaro che non c’è l’ intenzione di sostenere una soluzione negoziata alla guerra che sta insanguinando il paese. Un tale scenario  rischia di degenerare ulteriormente in guerra totale, nella quale le prime vittime saranno e sono le popolazioni civili da una parte e dall’altra. Crimini di guerra si registrano ormai quotidianamente, i bombardamenti sulle città si susseguono, da Misurata a Tripoli, senza che la comunità internazionale sia in grado di verificare l’entità dei danni alle infrastrutture ed alle popolazioni civili a tutela delle quali il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha autorizzato l’intervento. Risulta evidente come una missione partita senza una chiara finalità si è  progressivamente trasformata  in un’operazione che nulla ha a che vedere con l’ obiettivo di proteggere i civili e svela definitivamente le sue ambiguità e contraddizioni, dimenticando il passato coloniale italiano quando decine e decine di migliaia di civili  libici furono uccisi nei bombardamenti aerei. Con le bombe umanitarie dei Tornado si compie oggi un’ulteriore attacco alla nostra Costituzione, si allarga la zona d’ombra che ha permesso finora al nostro paese di partecipare a conflitti armati quali quello in Iraq ed Afghanistan.

Da oggi il governo italiano, persino con l’appoggio della opposizione presente in Parlamento, rinuncia a svolgere un ruolo nella soluzione diplomatica della crisi optando definitivamente per lo strumento militare.

Sinistra Ecologia e Libertà esprime la sua netta opposizione alla decisione di partecipare ai bombardamenti in Libia, ulteriore punto di un’ escalation iniziata nei giorni scorsi con l’invio di istruttori militari in supporto alle operazioni delle forze del governo di transizione di Bengasi. L’Italia deve piuttosto attivarsi, come fanno altre nazioni non belligeranti, per  un cessate il fuoco immediato e l’avvio di un negoziato tra le parti in conflitto, sulla scorta delle proposte fatte dall’Unione Africana e riprese da alcuni paesi latinoamericani e dalla Russia,  affinché si ponga fine allo spargimento di sangue, in sostegno ad un  processo di transizione  nel quale il popolo libico possa scegliere definitivamente con quali modalità chiudere l’era di Gheddafi e costruire un futuro di pace, libertà e democrazia.

Per questo Sinistra Ecologia Libertà chiede ai parlamentari veneti, alla Regione Veneto, agli Enti Locali, di farsi interpreti dei sentimenti di pace e di cooperazione dei  nostri cittadini e di chiedere al Parlamento e al Governo di non procedere lungo la  strada del conflitto armato che genera vittime civili, lutti, odi, povertà, comportamenti disumani e possibili ritorsioni contro il nostro paese. Con la rigorosa osservanza delle norme costituzionali e dei diritti umani è obbligatorio intraprendere esclusivamente  politiche di pace,  immediate iniziative per far cessare l’uso delle armi per far prevalere l’azione diplomatica ed istituzionale.

Coordinamento Regionale Veneto

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Appello “Contro la guerra e la cultura della guerra”

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LE PERSONE, LE ORGANIZZAZIONI E LE ASSOCIAZIONI CHE, IN QUESTI GIORNI, HANNO SENTITO LA NECESSITÀ – ATTRAVERSO APPELLI, PRESE DI POSIZIONI E PROMOZIONI DI INIZIATIVE – DI LEVARE LA PROPRIA VOCE

CONTRO LA GUERRA E LA CULTURA DELLA GUERRA,

PER SOSTENERE LE RIVOLUZIONI E LE LOTTE PER LA LIBERTÀ E LA DEMOCRAZIA DEI POPOLI MEDITERRANEI E DEI PAESI ARABI,

PER L’ACCOGLIENZA E LA PROTEZIONE DEI PROFUGHI E DEI MIGRANTI,

CONTRO LE DITTATURE, I REGIMI, LE OCCUPAZIONI MILITARI, LE REPRESSIONI IN CORSO,

PER IL DISARMO, UN’ECONOMIA ED UNA SOCIETÀ GIUSTA E SOSTENIBILE

CHIEDONO

LO STOP AI BOMBARDAMENTI E IL CESSATE IL FUOCO IN LIBIA, PER FERMARE LA GUERRA, LA REPRESSIONE ED APRIRE LA STRADA A UNA SOLUZIONE POLITICA COERENTEMENTE DEMOCRATICA.

IL 2 APRILE 2011 SARÀ UNA GRANDE GIORNATA DI MOBILITAZIONE E PARTECIPAZIONE ATTIVA A ROMA E IN TANTE PIAZZE D’ITALIA.

A PARTIRE DA QUELLA DATA CI IMPEGNAMO A DAR VITA AD UN PERCORSO DIFFUSO SUL TERRITORIO DI MOBILITAZIONI, INIZIATIVE, INFORMAZIONE, ASSEMBLEE, INCONTRI E SOLIDARIETÀ CON I MOVIMENTI DEI PAESI ARABI.

per adesioni: coordinamento2aprile@gmail.com

Prime adesioni:

Arci, Action, Associazione Ya Basta Italia, Associazione per il rinnovamento della sinistra, Associazione per la pace, A Sud, Attac Italia, AteneinRivolta, Comitato Fiorentino Fermiamo la guerra, Cobas, Democrazia Chilometro Zero, Emergency, ESC, FIOM–CGIL, Gruppo Abele, Horus Project, Lega diritti dei Popoli, Legambiente, Libera, Lunaria, Mediterranea, Rete@Sinistra, Rete della Conoscenza, Rete Romana Solidarietà al Popolo Palestinese, Rete Studenti Medi, Sinistra Euromediterranea, Stryke-Yomigro, UDU, Un ponte per, FedS, FGCI, GC, PCdL, PdCI, Prc, Sinistra Critica, SeL.

Per informazioni: Andreina Albano 3483419402

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La pace pestata con i piedi

Ieri mattina , nel nostro gazebo domenicale in piazza, oltre che le nostre bandiere compresa quella italiana , è stata ” appiccicata ” con lo scotch sul tavolo la bandiera della Pace e siccome toccava per terra , la nostra compagna Michela mi ha detto : attento così la gente la pesta con i piedi.
La pace pestata con i piedi , ecco cosa sta accadendo in questi giorni e ci preoccupa tanto.
Certo , qui c’è il sole, il mercato aperto , la gente che passeggia serenamente per la città.
Tutto quello che sta accadendo è lontano , non si riesce a percepire se non attraverso i media e questo ci preoccupa  perché quello che accade sembra  qualcosa che non ci appartiene , perché  non è vicino  al nostro vivere quotidiano, anzi come direbbe qualcuno di qui , sono nord africani …. Invece l’italia è praticamente in guerra contro la Libia e assurdamente non è stata nemmeno la prima a decidere, ma vigliaccamente si è accodata alla Francia e nemmeno sotto il comando ONU.
Non capiamo l’atteggiamento che anche alcune forze di sinistra , hanno immediatamente manifestato votando a  favore dell’intervento militare.
Non capiamo , l’atteggiamento assurdo che anche la Lega sta avendo , preoccupata non delle conseguenze come  numero di morti e feriti  , ma solo quello di una eventuale invasione di povera gente che fugge da una tragedia che vede l’Italia , in prima fila; cioè noi attacchiamo la Libia e poi ci preoccupiamo dell’arrivo di chi naturalmente vuole fuggire dalla guerra che noi stessi stiamo attuando.  Oggi il governo si impegnerà per rendere Lampedusa pronta per la stagione estiva. Niente o quasi rispetto alle condizioni igieniche dei rifugiati che sono stipati in un centro di accoglienza per sole 800 persone e ora sono quasi 3000. Immaginate cosa significa vivere in quelle condizioni per anziani , madri con i loro figli.
Erano mesi che Sinistra Ecologia Libertà denunciava l’atteggiamento che il dittatore Gheddafi , aveva nei confronti del suo popolo, erano mesi ed unici nel panorama politico italiano, sensibili alle richieste del popolo libico che voleva ribellarsi alla dittatura.
Erano mesi che SEL non solo denunciava questa situazione , ma anche altre situazioni in altri stati i cui governi dittatoriali reprimevano i diritti minimi dei loro popoli.
Era l’anno scorso , quando andando a Roma , sono passato accanto ad una immensa tendopoli , con attorno centinaia di belle ragazze con un libro in mano. Sul momento ho pensato ad un nuovo Circo , mi sono fermato ed ho chiesto ad un vigile urbano che candidamente mi ha risposto :” è arrivato Gheddafi a trovarci, mi scusi ma deve levarsi dalla strada che si sta creando una coda enorme di automobili, e tutti quanti si fermano increduli e curiosi a pormi la stessa domanda”.
Ecco ricordiamoci anche lo squallido ” baciamano ” di Berlusconi nei confronti del dittatore.
Nei prossimi giorni , ci mobiliteremo perché noi  siamo contro la guerra, e lo diremo a chiara voce a tutte le persone che incontreremo in piazza  e che si deve combattere per la pace , facendo si che il nostro governo si dichiari a favore di un immediato cessate il fuoco, e che ci si attivi subito per portare aiuto concreto ai profughi che non sono merce , ma esseri umani.

Luigi Amendola
Coordinatore
Sinistra Ecologia Libertà
Mogliano Veneto

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No alla guerra e no a Gheddafi. La posizione di SEL

Il  Coordinamento Nazionale di Sinistra Ecologia Liberta’, riunitosi oggi a Roma con la relazione di Nichi Vendola e la discussione successiva, ha approvato il seguente documento sulla vicenda libica:  

La guerra contro la Libia e’  la risposta piu’ sbagliata e pericolosa alla domanda di democrazia che si e’ affermata in tutto il Mediterraneo nel corso degli ultimi mesi. Chiediamo un immediato cessate il fuoco per consentire l’avvio di un negoziato tra le parti che abbia come interesse superiore quello della protezione delle popolazioni civili, con l’obiettivo di mantenere l’integrita’ e l’autonomia di quel Paese sotto un nuovo governo democratico. Chiediamo che si apra subito un corridoio umanitario per consentire ai profughi di salvarsi dalla guerra e l’immediata predisposizione degli strumenti piu’ adeguati per garantire ad essi un’accoglienza su tutto il territorio europeo.

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Contro i dittatori e i loro compari. Stiamo con i ribelli e non con i complici di Gheddafi

di Luca De Marco

Sul caso Libia il governo italiano ha dato il peggio di sé.

Il caso Libia dimostra in modo inequivocabile che l’Italia è retta da governanti che hanno poco a che fare con l’Occidente e con la democrazia. Il miscuglio di populismo e razzismo, tenuto assieme dal potere economico e mediatico nelle mani di una personalità maniacale, che fa da collante alla attuale una maggioranza, rischia di renderci complici dei regimi dittatoriali, ai quali ci lega purtroppo una profonda affinità politica. E in primis del regime del colonnello Gheddafi.

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