Venerdì 20 febbraio sono stati ospiti della federazione trevigiana di Sinistra Ecologia Libertà Giorgio Airaudo, deputato SEL in Commissione Lavoro e responsabile nazionale Lavoro di SEL, e Giacomo Vendrame, segretario provinciale della CGIL di Treviso. L’incontro si è svolto presso la saletta del Caf CGIL a Treviso.
Coordinatore della serata è stato Luca De Marco, coordinatore provinciale di SEL, a cui è spettata una prima introduzione riassuntiva sull’argomento in questione, ovvero sul Jobs Act targato governo Renzi.
Introduzione
Proprio poche ore prima dell’incontro il Consiglio dei Ministri aveva approvato in via definitiva i primi due provvedimenti attuativi dell’imponente legge delega sul lavoro denominata Jobs Act. Il segretario De Marco ha ricordato come il nome “Jobs Act” in origine dovesse richiamare l’insieme dei provvedimenti attuati da Obama negli Stati Uniti, provvedimenti al cui centro c’erano non solo le start up, ma anche un’ampia gamma di investimenti destinati a creare lavoro, non quindi un taglio dei diritti dei lavoratori.
Di tutto ciò non si occupa la versione italiana, che invece non fa che proseguire le politiche di austerità, dimostrate deleterie e controproducenti già da tempo, e l’umiliazione del lavoro dipendente, pubblico e non. Il progetto portato avanti è mortificare ulteriormente un paese già allo stremo e fin troppo flessibile nelle politiche del lavoro, il tutto a favore di una fantomatica ‘crescita’ che dovrebbe arrivare per input divino. Tutte queste riforme seguono la scia della politiche di destra proposte negli ultimi anni, come provano le motivazioni delle proteste del 2002 contro il tentativo di abolizione dell’articolo 18 a cui partecipò anche l’allora centrosinitra a fianco del sindacato, ma ora riuscito e in forma di molto ampliata, con buona pace dei diritti dei lavoratori.
L’approvazione dei primi provvedimenti, da punto di vista politico, segna una definitiva rottura con il riferimento sociale originario di buona parte della maggioranza, eletta con una coalizione di centro sinistra che vedeva come riferimento i lavoratori e le classi più deboli, non di certo la finanza e Confindustria.
A quel riferimento sociale originario, SEL si è posta il problema di ridare rappresentanza, e ha cercato di fare un primo passo recentemente con la manifestazione Human Factor, che aveva come obiettivo proprio sfidare il renzismo con dei programmi e dei ragionamenti rinnovati e partecipati da tutte le esperienze che si riconoscono nel termine “sinistra”.
Giorgio Airaudo-Le riforme del lavoro in Parlamento
All’onorevole Airaudo è spettato parlare di come è stata gestita la riforma del lavoro dal punto di vista parlamentare. Infatti al momento sono stati licenziati solo i primi due provvedimenti, a dispetto di una legge delega così ampia da risultare incostituzionale non solo dal punto di vista italiano, ma persino secondo le norme europee.
L’intera operazione per far approvare il Jobs Act è stata fin dall’inizio intrisa, come del resto è successo per buona parte delle altre riforme portate avanti dal governo Renzi, di un forte simbolismo agonistico causato dalla smania del fare. Un fare che ha portato ad approvare una legge che aveva le sue basi pregresse in un progetto di parecchi anni più vecchio, quello di Garibaldi e Boeri, ma esasperando i concetti espressi dagli esperti nel peggiore dei modi e di fatto eliminando le tutele e le garanzie proposte dai due economisti per riequilibrare parzialmente la situazione che si veniva a creare.
Unica cosa positiva del Jobs act al momento è la cancellazione dei co.co.co e dei co.co.pro, o meglio la non legalità di riproporne di nuovi, perché in realtà per coloro che sono già stati assunti con queste modalità non è presentata via d’uscita prima del termine o rimodilazione del contratto già esistente.
I licenziamenti collettivi non erano inclusi nella delega
Per il resto, i due provvedimenti intervengono anche sulla legge del 23/07/1991 n. 223, quella che parla dei licenziamenti collettivi, permettendo di equipararli ai singoli. Unico risultato positivo da questo punto di vista è stato il far scendere finalmente in campo anche la CISL.
Per quanto riguarda i licenziamenti collettivi, infatti, la questione è molto diversa rispetto alla situazione in cui ci si è venuti a trovare per gli altri punti della riforma. Se il Parlamento ha concesso un eccesso di delega su quasi tutto il campo della riforma del lavoro, di licenziamenti collettivi non se ne è mai parlato. Quindi, a conti fatti, il governo si è permesso di legiferare su un campo che ancora spetta al Parlamento.
Come se ciò non bastasse, le commissioni parlamentari hanno espresso parere contrario riguardo alla norma, per giunta spaccando la maggioranza, ma il Governo ha ritenuto che le commissioni avessero solo funzione consultoria e ha inserito i licenziamenti collettivi ugualmente ignorando il parere delle commissioni.
Quindi, riassumendo, sui licenziamenti collettivi il Governo ha esautorato il Parlamento, sia della sua funzione di organo legiferante sia della sua funzione di controllo e ratifica delle leggi emesse.
Conseguenze
Che in tutto questo pandemonio politico non si parli di Grecia e di debito è importante e significativo. Infatti, il punto cardine del Jobs Act e delle stolte politiche della Troika è svalutare il lavoro perché non si vuole svalutare la moneta.
Infatti, pur avendo eliminato i co.co.co e i co.co.pro, si è lasciata la possibilità di avere contratti precari di 36 mesi per cui sono consentiti ben 5 rinnovi. Il significato tecnico è che si concede alle aziende una lunga prova del lavoratore, una lunga prova inutile. Sono rimasti inoltre i pagamenti con i voucher, e i quasi tutti i contratti a tempo determinato. Tutto questo prova che alle tutele crescenti non ci credono nemmeno loro.
Infatti, posto che anche dopo anni di anzianità il lavoratore non raggiungerà mai l’articolo 18 a livello di tutele, alle aziende, senza controlli e senza colpo ferire, vengono dati 8.000 euro all’anno di sgravi per i primi 3anni. Al termine dei 3 anni, se licenzio il lavoratore, poiché non spetta l’obbligo di riassunzione neanche per ingiusta causa ma solo un risarcimento in denaro, l’imprenditore alla fine arriverà comunque a pagare meno dei 24.000 euro che non ha pagato negli anni precedenti.
Se al momento si certifica un minimo aumento delle assunzioni, non è l’aver privato il lavoratore dei diritti che ne è la causa, ma i 24.000 euro di incentivi. Sono questi che fanno assumere, come dimostrano i nuovi contratti, difficilmente c’entra la facilità di licenziamento.
Senza contare che “contatto indeterminato a tutele crescenti” è un falso di significato in quanto non è detto che venga concepito come vero indeterminato e non ci sono che briciole di tutele che si acquisiscono solo dopo parecchi anni.
Non è concepibile come vero indeterminato non solo per la non possibilità di reintegro, ma anche perché in caso di licenziamento l’onere per dimostrare che questo è avvenuto senza giusta causa stetta interamente al lavoratore. È come se si tornasse indietro nel tempo in cui erano possibili i licenziamenti detti “ad nutum”, cioè con un segno. Non importa se il datore di lavoro ha torto, comunque può licenziare quando e come vuole, mentre al lavoratore spetterà valutare se davvero ha i soldi per poter fare ricorso, con il solo obiettivo di ricevere al massimo qualche euro in più che non gli garantiranno la sussistenza finchè sarà disoccupato vista al crisi del momento.
Per quanto riguarda le tutele, alle categorie più deboli è stata concessa un po’di maternità e qualche briciola di altri diritti, ma neanche tanto, in quanto in minime parti erano già stati previsti dalla vituperata riforma Fornero, i cosiddetti ammortizzatori targati NASPI, che ora sono stati estesi anche al CATUC (Contratto A Tutele Crescenti)
Conseguenze meno visibili comprendono anche i sindacati, in quanto nei luoghi di lavoro sarà molto più difficile iscriversi al sindacato, offendo quindi una generalizzata estensione del modello FIAT (dove a Pomigliano FIOM è stata esclusa dalle votazioni per le RSA in quanto non firmataria del contratto proposto ndr). Se ti puoi teoricamente iscrivere anche ad un sindacato non gradito, non lo farai di certo in fabbrica, ma fuori e sperando che non lo sappia il datore di lavoro, tutto ciò rendendo ancora più difficili i rapporti sindacali.
Situazione Europea
Tutto ciò mostra grande coerenza sul versante europeo, dove stanno litigando Tsipras e Merkel non sul debito, ma sui diritti del lavoro, gli stessi che il governo Renzi qui si sta diligentemente apprestando a smantellare come ordinato dalla Troika. Poiché in Grecia la situazione è disperata, è ovvio che questa si sia giocata tutte le carte a propria disposizione. Con Russia non è altro che un attento gioco geopolitico, che mostra quanto la battaglia sia al momento serrata.
Sinistra Ecologia Libertà in Parlamento
Alla camera, il gruppo parlamentare di SEL si è impegnato sulla norma d’azienda per la deroga dei contratti, si è riusciti ad incardinare il Green New Deal, che dovrebbe creare un vero e proprio nuovo mercato nel lavoro basandosi su ben altre richieste dell’Europa, si sono messe toppe o si è cercato di farlo dove possibile, ci si è messi d’impegno per tener aperte le discussioni sugli argomenti più importanti e che avrebbero portato maggiori danni alle persone, ma non sempre ci si è riusciti.
Una delle ultime battaglie contro il governo è quella che comporta l’eliminazione della cassa integrazione per fallimento, che dovrebbe“togliere dalle spese”dell’impenditore gli operai nel momento in cui svendi un’azienda, che fino ad oggi veniva rilevata con tutti gli operai. Il nuovo padrone doveva pagare anche un tanto (simbolico) per operaio e garantirne l’occupazione. A farsi carico della ricollocazione, su modello tedesco, dovrebbero farsi carico i centri per l’impiego. A costo zero. Cioè, secondo il governo i 9.000 precari impiegati nei centri per l’impego, in un periodo di massima crisi, dovrebbero trovare lavoro in tempi ragionevoli a tutti gli esuberi dei fallimenti e delle cessioni di attività. Senza contare che in Germania per lo stesso scopo e con meno crisi gli addetti sono 110.000.
Airaudo ha fatto notare che se fosse stata in vigore questa norma all’epoca la tanto decantata FIAT non si sarebbe comprata la Bertone, in quanto all’azienda ex torinese interessavano i lavoratori e la loro esperienza. Senza il sistema della cassa integrazione sarebbero dispersi e per FIAT sarebbe stato difficile recuperarli. La risposta dell’ex sotto segretario durante il governo Letta, Carlo Dell’Aringa, dopo una lunga telefonata con Confindustria, è stata che per quanto la precisazione fosse di buon senso, loro dovevano mantenere la teoria alla base della riforma, e comunque secondo Confindustria era più facile vendere le fabbriche così. Cioè, secondo Confindustria, le norme devono consentire agli imprenditori italiani di poter vendere agevolemente, libere dal carico della forza lavoro, le loro aziende.
Reazioni a sinistra e tesi del professor Gallino
A controbilanciare questa marea di riforme illogiche, deleterie e incostituzionali, si sta cercando da vari livelli a reagire. Una legge di iniziativa popolare è stata proposta dalla CGIL e un referendum abrogativo. Quest’ultimo puntroppo sarà principalmente buono per prendere tempo, perché gli italiani probabilmente se ne accorgeranno solo quando gli arriverà addosso, esattamente come era successo con la riforma Fonero. Purtroppo non si può aspettare che vada in peggio.
Secondo Airaudo le possibilità per una risalita ci possono ancora essere, ma offre anche un’altra opinione, quella di Luciano Gallino con cui SEL ha costruito la sua proposta di Green New Deal.
Secondo l’autorevole sociologo, i consumi al momento sono calati di 59 punti in termini di crescita, e ora persino una fantomatica ripresa dell’1 pare difficile, senza contare che ora le sutuazioni si fanno di anno in anno diverse.
Man mano che si andrà avanti con l’evoluzione tecnologica infatti, se prima per fare una macchina erano necessarie 8 ore di lavoro, ora ce ne vogliono solo 5 e meno manodopera grazie all’introduzione delle applicazioni informatiche.
Aggiungendo a questo una riduzione del reddito e della sicurezza dei lavoratori, in questo modo il capitalismo sega il ramo stesso su cui è costriito: chi produce non può comperare.
Tutto ciò va bene solo per chi esporta, sfruttando il combinato disposto, ma i consumi interni e la capacità per l’italiano medio di spendere rimarrà invariata, potrà solo andare peggio. Non solo, secondo Gallino, non torneremo alla situazione di prima, ma verranno ad aggiungersi anche altri problemi. Non basta più nemmeno spostare la fabbrica in Romania, perché i prodotti in Italia non te li compra nessuno.
Renzi va forte perché la gente vuole speranza, conclude l’onorevole Airaudo, ma con la sola speranza non si cambia la realtà e prima o poi si vedranno i fatti. Bisognerà per quel giorno costruire altemative, anche politiche. In Italia ci sono molte macerie e vigliaccheria, ma si può fare. Se governi prendono le parti dei più forti, siamo tornati agli anni ‘50 ed è questo ciò che sta accadendo. Infatti danno a Squinzi persino più cose di quelle chr hanno chiesto.
A livello politico sono cambiate molte cose in questi due anni, l’obiettivo deve essere andare contro il renzismo, stare con il mondo del lavoro opponendosi alla via speculativa. Bisogna ricostruire il rapporto di forza per non far vincere il racconto e Twitter. Nel momento in cui togliamo il co.co.pro e l’art 18 è finita un’epoca.
Giacomo Vendrame – Il rapporto tra Governo e CGIL
Sulla stessa linea si pone Giacomo Vendrame, che offre un punto di vista sull’argomento più legato al territorio. Nemmeno lui lesina critiche al Governo, riprendendo ed approfondendo proprio il fattore “racconto” tipico di Renzi, che infatti fa leva sulla propria capacità comunicativa e usa i dati che ha per rassicurare anche quando in realtà sta parlando delle peggiori nefandezze.
Renzi rassicura, ad esempio, dicendo di aver tolto le differenze nel mondo del lavoro, ma non entrando nei dettagli del come e in che modo ha omologato i lavoratori, non spiegando che è stato un gioco al ribasso e che le condizioni misere di certe categorie di lavoratori vengono ora estese anche agli altri. I discorsi servono a disinnescare la paura, non a dire quello che fa.
Per quanto riguarda la CGIL, a livello nazionale ci si ripropone di non fare lo stesso errore fatto in occasione della legge 30 (legge biagi) e di studiare il documento che verrà approvato attentamente. Il sindacato infatti deve essere certo di poter tutelare tutti e contrattare. Come la CGIL riuscirà a farlo dipenderà dal contingente, contingente che al momento non vede il Veneto in buone acque.
Tutele del lavoratore
I problemi del sindacato di fronte alle continue modifiche del governo, dipendono anche dalla necessità di scegliere come tutelare il lavoratore, in quanto in tutte le nuove varianti si presuppone sempre la capacità di prevedere per quanto tempo il lavoratore sarà disoccupato: NASPI, mobilità, ASBI per gli over 50 che però dura solo 6 mesi.
La priorità in questo frangente è essenzialmente cambiare la riforma Fornero, ma anche affrontare finalmente il problema della ricollocazione per i membri della categoria over 50.
In questo panorama, sarebbe stato prioritario persino il contratto a tutele crescenti se fosse servito per sopprimere l’enorme quantità di contratti precari, che invece non solo sono rimasti, ma hanno aggiunto anche un nuovo tipo di controatto fin troppo semplificato. Infatti, quando si modificano o creano nuovi contratti, bisogna considerare che il mercato del lavoro è liquido: blocchi con un paletto, passi dall’altra parte.
Bisogna mettere i paletti giusti al posto giusto e su questo lavorerà la CGIL anche se sarà difficile, specie con i contratti nazionali. L’obiettivo dev’essere unificare il mondo del lavoro, costruire un nuovo statuto, lavorare per modificare il sistema degli appalti, assicurando clausole sociali che tutelino i lavoratori durante il cambio di appalti. Proprio questo punto è stato troppo sottovalutato, anche dai sindacati, perché spesso si guarda solo all’azienda e non ai margini, aiutando a creare abissi tra chi lavora per le cooperative e chi è regolarmente assunto in fabbrica: lavorano nella stessa ditta ma sono divisi.
Il lavoro in Veneto
Dicembre, infatti, è stato un mese eccezionale come licenziamenti, nei mesi precedenti si prendevano in mano 300 licenziamenti in media, ma nel mese di dicembre si è saliti a ben 1085, e per un motivo ben preciso: molti hanno aspettato la scadenza della proroga che era stata garantita. Tutto questo in Veneto, dove c’è una forte vocazione all’export e quindi l’economia locale dovrebbe resistere
Molte colpe a livello locale vengono date anche al silenzio del governo regionale su temi importanti: Castelfranco è ora svuotata per quanto riguarda l’industria metalmeccanica, Motta di Livenza ha praticamente perduto il distretto industriale famoso per i mobili, categoria per cui il Veneto era tra i più importanti in Italia, la zona industriale di Susegana e il distretto di Montebelluna sono in sofferenza.
Pare che solo in questi ultimi giorni ci si stia ponendo il problema di come fare ad uscirne, ma arriva il tutto a 6 anni dalla crisi, una crisi che in Veneto non si era pronti a sostenere dal punto di vista culturale e a cui i veneti hanno risposto in molti casi con i suicidi, non solo di imprenditori, come dicono i giornali, ma anche di lavoratori dipendenti, che non sapevano come affrontare la nuova situazione. Invece di insegnare a chi perde il lavoro a leggere la nuova situazione e il nuovo mercato in cui ci si trova, ci sono formazioni, anche politiche come al Lega, che invece fomentano le paure.
In regione, Vendrame ha indicato come punto importante su cui è necessario lavorare quello della legalità, infatti Treviso, con le sue tante piccole aziende che nascono, vengono vendute e falliscono velocemente, è facile che si trasformi in una grande lavatrice, una macchina ripulitrice di denaro sporco così grande che non è possibile che possa sfuggire ad un uomo attento come Zaia. Senza contare che non si è mai pensato ad un piano sanità che pensi alle categorie deboli, come i pensionati o i disoccupati e la faccenda Mose è stata fatta passare in sordina.
Inoltre in Veneto si studia spesso in luoghi non idonei e non si presta dovuta attenzione al vero significato del rapporto scuola-azienda.
Il fattore conoscenza
Determinante risulta infatti il fattore conoscenza, senza si può solo fare di peggio. Ed è la conoscenza che al momento viene sottovalutata a tutti i livelli. Basta vedere gli stipendi dei ricercatori, per cui non c’è da stupirsi della loro fuga all’estero, laureati di alto livello che fanno altri tipi di lavoro perché le aziende non ne concepiscono il valore, che invece è essenziale sia nel campo dell’export sia per rinnovare le aziende ed i prodotti. Senza conoscenza non si cresce, anche perché per avere effettivamente un vero aumento degli occupati, non bastano le stime al +0,4%, bisogna come minimo arrivare ad un +2%.
Da qui in poi però il compito spetta alla politica, perché non è la CGIL che siede in parlamento. Per quanto sia facile attribuire colpa al sindacato e chiedere perché non ha fatto qualcosa nei vari momenti della nostra storia, ma la colpa non può essere solo sua. Spetta al Parlamento riprendere il proprio ruolo a dispetto della crescente esautorazione, perché se alla CGIL dovesse toccare ancora un eccesso di supplenza, sarebbe il modo più facile per garantirle l’accumulo di critica, mentre il sindacato deve continuare a svolgere il suo compito esternamente alla politica.
La crisi non la risolve la CGIL, conclude Vendrame, ma nemmeno le aziende come vuole il governo, perché se le aziende non sanno finalizzare i loro investimenti non si avrà mai una vera ripresa della crescita.
Conclusioni di Airaudo – Destino della sinistra e ruolo di SEL
L’onorevole Airaudo, a seguito delle domande poste in sala, ha precisato che per quanto riguarda i rapporti interni al centro-sinistra niente potrà più essere come prima, bisogna fare altro. Un segnale forte l’ha data al rottura tra Pd e CGIL, che non è tattica o su un singolo argomento, come Lama contro Berlinguer, non è una dialettica su un campo comune e condiviso, ma una lotta per mantenere la propria autonomia. O pensi che sia tutto momentaneo, o ha ragione Fulvio Colombo quando dice che Renzi viene da destra e vola a destra, ma nel frattempo ha dirottato il PD. Non è un caso che il massimo del suo consenso venga da destra.
Dopo lo strappo, la sinistra soffre, e in parte viene dirottata sula Movimento 5 Stelle e non va più a votare. Non basta sommare quello che c’è perché probabilmente tutte le forze esistenti sono inadeguate. Non esiste il Maradona di tumo, prima va creato il campo, poi arriverà il leader. Prima o poi anche le parti sociali dovranno darsi un riferimento politico, che difficilmente sarà qualcosa che esiste, visto che in commissione lavoro metà sono ex-sindacalisti ma non votano per i loro diritti.
Non si puo delegare alla CGIL e nemmeno a SEL. È positivo il dialogo con SEL della Camusso quando è venuta alla camera, ma è indubbio che fosse di cortesia, perché SEL è ancora troppo piccolo, siamo troppo pochi per svolgere quel compito. Possiamo però ricucire e aiutare.
C’è stata una destrutturazione pesante, che diffonde l’idea che alcune parti sociali non servono. Negli uffici pubblici, nei luoghi di lavoro, negli incontri a palazzo chigi alcune parti sociali non vengono più chiamate. È vero che alcuni tavoli erano estenuanti, ma il confronto ci deve essere. SEL può riaggregare e praticare la buona politica, lavorando per qualcosa più grande.
L’Italia ha le sue particolarità e quelle bisogna sfruttare. Spagna e Grecia non avevano asociazioni di volontariato, e quella parte qui sta ancora lavorando e deve avvicinarsi da sola ad un modo di fare politica in cui riconoscersi. Tsipras cominciò dal 2% dopo una scissione, Podemos è nata fuori dalla politica stessa.
La classe media in Grecia è collassata, ma anche qui ci sono problemi gravi in piccoli settori localizzati. I 4 mesi di proroga per gli sfratti, infatti, non fermeranno gli sfratti di migliaia di persone di qui a pochi mesi. Per le pensioni è prevista al massimo un’altra proroga, perchè non hanno intenzione di mettere mano alla legge Fornero che garantisce almeno 90 miliardi di euro.
Nel Parlamento però ben pochi sono disposti a votare contro questi provvedimenti, infatti Fassina e Civati sono soli lì, non hanno truppe a dispetto dell’elettorato originario del PD.
In compenso l’informazione è faziosa e attenta più alle bagarre che ai contenuti. Dopo la presentazione del Green New Deal, l’onorevole Airaudo rivela di non aver avuto alcuna richiesta di interviste nonostante l’apporto importante che poteva dare all’occupaizone italiana, mentre non appena è accaduta al ressa tra SEL e PD gliene sono state richieste tantissime.
Tutto ciò che SEL e chi vuole ricostruire la sinistra può fare al momeno è solo stare dalla parte dei sistemi sociali, perchè una volta che il progetto buono sarà partito. gli altri arriveranno, anche in overbooking. Bisognerà vincere la figura del premier vincente che fa paura e deve andare avanti, perché finchè si va avanti veloce non si discute. L’unico punto del PD in cui si discute ancora è la sua aprte a sinistra, ma è essenzialmente basata sul fatto se il PD sia ancora recuperabile o no.
Per informazioni sul progetto di Garibaldi e Boeri vedi:
http://archivio.panorama.it/economia/Lavoro-Tito-Boeri-le-mie-idee-per-la-riforma-L-INTERVISTA
http://www.lavoce.info/archives/30121/quali-tutele-quanto-crescenti/
Per informazione sulla legge Biagi