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a Vittorio Veneto: Riprendiamoci la città

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Secoli di storia hanno consegnato a Vittorio un ricco patrimonio architettonico e una eccezionale struttura urbanistica policentrica, in cui la  fusione degli insediamenti originari ha sviluppato  un tessuto a maglie larghe, dove l’alternanza tra pieni e vuoti è un tratto identitario irrinunciabile e dove il verde non è un “vuoto” da riempire, ma l’elemento costitutivo di un irrepetibile equilibrio.

Tutta la città offre spazi di qualità, sia costruiti (abbondanza di contenitori storici, edilizia con ridotta densità abitativa e standard di verde elevati), sia naturali (le colline che entrano dentro la città e ne diventano parte, le aree agricole ancora in buona parte integre a ovest della ferrovia, nei prati del Meschio, a Vendran), sia urbani (parchi, orti, assi lungo i corsi d’acqua) che creano pause di verde nella continuità edilizia e che, per quanto parzialmente invasi, sono ancora riconoscibili intorno ai primitivi nuclei storici.

Questa  struttura urbana si è mantenuta abbastanza integra, insieme a una  certa omogeneità  architettonica, sia perché è stata “saltata” la fase dell’economia della  grande impresa, che ha stravolto per sempre  molte città venete, sia perché quasi  tutte le amministrazioni hanno sufficientemente rispettato la memoria urbanistica cittadina, evitando eccessi di consumo del suolo e interventi distruttivi.

Certo gli strappi ci sono stati, prima nei paranoici anni sessanta e poi negli ultimi 15 anni, quando i guasti sono stati solo in parte contenuti dai morsi della crisi, che ha bloccato (speriamo definitivamente) mostri come la torre di 33 metri in centro o il mega-complesso ex-carnielli, ma non lo stravolgimento ambientale del traforo di S. Augusta.

Ora però la nostra città si trova  di fronte a uno snodo storico fondamentale, che pretende un urgente ripensamento della sua funzione/immagine.

Si è infatti definitivamente esaurita la fase otto/novecentesca in cui Vittorio era un rilevante centro industriale. Negli ultimi tempi sono state dismesse  tutte le aree industriali  collocate nel tessuto cittadino (Carnielli, Cini, Morassutti, Colussi, Italcementi, Snia, per citare solo le più grandi), liberando una enormità di spazi.

Nel 2013 si  è conclusa  dopo 60 anni anche la fase “militare”, con il trasferimento del I FOD (ex V Corpo d’Armata) e la chiusura di tutte le imponenti strutture militari.

La fine della Vittorio Veneto industriale e militare ci  obbliga a inventare una nuova “idea” per la nostra città, se non vogliamo lasciarla annegare  nei suoi vuoti.

La situazione è  ricca di opportunità,  ma anche di rischi.

L’abbondanza di volumetria libera e la qualità urbana generale potrebbero infatti consentire di identificare Vittorio come  una di quelle aree che a livello europeo  vengono definite “Aree di riserva dello sviluppo”. Decentrate rispetto alle zone metropolitane ma ad esse ben collegate, vengono apprezzate perché dotate di spazio di qualità in cui insediare residenze di buon livello, sviluppare potenzialità turistiche, attivare sedi e servizi di produzione immateriale, fondati su innovazione e  ricerca.

Valorizzando e potenziando queste specificità  si potrebbe dare a Vittorio una prospettiva di sviluppo fondato sulla qualità del vivere e del produrre, aperto ai giovani e alle esperienze innovative.

Va però tenuto ben presente che c’è il rischio che questa enorme ricchezza di spazio possa trasformarsi in un grande affare per pochi, o in una miserabile svendita  per tamponare il bilancio comunale.

Sono perciò necessarie scelte di visione politica e di metodo ragionate e programmate.

Non è corretto procedere alla cieca e mettere ogni volta i cittadini di fronte al fatto compiuto con la scusa dell’urgenza: il PAT, la riconversione delle caserme, i trasporti e le relative infrastrutture vanno messi a sistema nell’ambito di un progetto strategico e di largo respiro per la città, che va partecipato e condiviso in piena trasparenza.

Noi proponiamo all’amministrazione:

-di riaprire il percorso di consultazione del PAT, stante il fatto che sono passati oltre 6 anni dalla conclusione della precedente fase, peraltro realizzata in modo frettoloso e all’insegna della blindatura antidemocratica, garantendo d’ora in poi per le restanti fasi di stesura del Piano modalità e strumenti certi di informazione e trasparenza

di organizzare immediatamente una Conferenza per la programmazione strategica della città, che preveda un ampio confronto fra le componenti socio-economiche-professionali-culturali-politiche che compongono la città al fine di individuare gli indirizzi portanti  dello sviluppo urbanistico, nonché ipotizzare  tempi, modalità e  risorse per la realizzazione dei progetti.

Riteniamo però che, al di là degli impegni che competono a chi governa la città, i cittadini possano attivare in prima persona  forme auto-organizzate di partecipazione e di decisione, creando autonomamente sedi e momenti per confrontarsi e costruire proposte.

Questa serata vorrebbe essere il punto di partenza di una sperimentazione di progettazione collettiva, che metta insieme intuizioni e competenze, creatività e professionalità, con la finalità di costruire insieme una nuova  idea di città che sia capace di futuro.

Lo strumento potrebbe essere la creazione di un gruppo di urbanistica partecipata, che abbia le caratteristiche della trasversalità e della molteplicità culturale: una forma di concorso di idee permanente auto-organizzato e auto-gestito, finanziato solo dalla passione e dalla voglia di dare un contributo per invertire il processo di spegnimento della nostra città, che sarà  inevitabile solo se noi lasceremo che lo sia.

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Il Parco del Sile alla prova dei fatti

Quanta acqua deve ancora passare sotto i ponti, prima che l’ente parco faccia (né più né meno che) il proprio dovere?

Treviso è una città ricca non solo di storia e di antichi palazzi, ma anche di bellezze naturalistiche come il fiume Sile, che con le sue rive ricche di vegetazione, ha dato ai trevigiani e agli abitanti dei comuni situati lungo il suo percorso un polmone verde dove trascorrere piacevoli ore all’aperto, lontano dall’inquinamento cittadino.

Per tutelare questo prezioso bene ambientale, la Regione Veneto ha riconosciuto il Sile e le sue rive, parco naturale istituendo nel 1991 l’Ente Parco, costituito da 40 consiglieri di cui 33 sono nominati dagli 11 comuni attraversati dal Sile, 5 dalla provincia di Treviso, uno dalla provincia di Venezia ed uno dalla Provincia di Padova. A questo consiglio, si aggiunge poi un comitato esecutivo, composto da 5 persone.

In questi ultimi mesi, però, più volte sono apparsi sui quotidiani locali allarmanti articoli sullo stato di salute del Parco e delle strutture che lo caratterizzano, come la suggestiva passerella di legno rimasta chiusa per alcuni mesi, che collega Treviso a Casier e perciò vien da chiedersi come questo Ente abbia fin qui operato.

Nel 1999 si è stipulato un accordo tra Comuni ed Ente Parco in cui si stabiliva che i primi dovevano occuparsi della manutenzione degli argini, mentre l’Ente Parco delle passerelle. Questo accordo, in cui si decidono le competenze, è ormai scaduto e non è stato ancora rinnovato. L’iniziativa per un nuovo incontro dovrebbe prenderla l’Ente Parco, convocando i Sindaci, cosa che ancora non succede. Questo stallo delle procedure è un esempio di come si è amministrato in tutti questi anni.

Il Parco del Sile è stato gestito in tutti questi anni dalla Lega, e per questo partito è diventato un’istituzione in cui collocare amici, o candidati non eletti e soprattutto moltissime persone incompetenti.

Finora l’Ente è stato caratterizzato da una grande inefficienza visto che negli ultimi vent’anni non ha fatto praticamente nulla. L’ultimo esempio, è stato il caso delle passerelle dei burci, fatte costruire da Cassamarca, donate al Parco e rimaste per mesi in stato di decadenza per mancata manutenzione. Solo per il restauro si parla di circa 500.000 euro, ma L’Ente Parco, non avendo soldi in cassa, è ricorso all’aiuto della Regione Veneto.

Il fatto è che non è mai stata prevista né dai comuni, né dall’Ente parco, né dalle provincie, una programmazione economica in bilancio per le manutenzioni sia ordinarie che straordinarie.

Con un minimo di risorse economiche, si potrebbe attivare un turismo ecocompatibile sfruttando le nostre bellezze paesaggistiche e creando nuovi posti di lavoro ipotizzando, ad esempio, la realizzazione di una squadra di manutentori che si occupino delle aree e dei percorsi attrezzati. In altri parchi si sono fatte convenzioni con gli agricoltori della zona per la manutenzione del verde. In questo modo i cittadini si sentono coinvolti e responsabilizzati nel rispetto e nella cura del territorio producendo delle ricadute benefiche anche per la valorizzazione di eventuali attività di accoglienza come gli Agriturismi, i Bed and Breakfast e gli Agricampeggi. Ma tutto ciò non è mai stato realizzato.

Altra questione, non certo di minor importanza, sono le nomine dei consiglieri, che vengono spesso ritardate dalla Regione, limitando così la funzionalità dell’Ente.

Ogni comune dovrebbe avere all’interno del Consiglio dell’Ente Parco tre rappresentanti, due della maggioranza, uno della minoranza che spesso non sono esperti in tematiche ambientali. Solo in questi giorni sono state ratificate dalla Regione le nomine dei comuni di Treviso e Vedelago a diversi mesi dalle nomine comunali.Per quanto riguarda il personale, l’Ente Parco ha sette dipendenti e spende ogni anno 500.000 Euro di cui 350.000 solo per gli stipendi, tenendo conto che presidente e membri dell’esecutivo prendono stipendi mensili di varie migliaia di euro.

È assolutamente indispensabile che l’Ente Parco sia dotato di una struttura composta da persone competenti che riprendano a programmare e realizzare, come ad esempio il progetto della Green Way, il percorso dalle sorgenti del Sile fino a Quarto d’Altino e a Porte Grandi, che a tutt’oggi sembra abbandonato.

Ma se si vuole salvaguardare questo bene comune, oltre alla cura ed alla valorizzazione del Sile, l’Ente Parco, dovrebbe proteggere il territorio da gravi pericoli, come la speculazione edilizia, che si affaccia minacciosa in quasi tutti i comuni, nonostante la crisi.

I terreni all’interno delle aree parco, hanno avuto in questi ultimi vent’anni un notevole incremento di valore scatenando molti appetiti.

Non stupisce certo che edificare lungo le rive del Sile possa essere un obiettivo ambito per i costruttori, ma quello che risulta invece incomprensibile è che a promuovere questo tipo di iniziative che compromettono aree ad alta valenza ambientale, sia proprio l’Ente Parco, la cui funzione dovrebbe essere, invece, quella di tutelare e valorizzare le bellezze naturali del fiume.

Un chiaro esempio di ciò, è la vicenda degli ex-mulini Mandelli, un progetto che, anche se ridimensionato rispetto alle previsioni iniziali, prevede di realizzare condomini e villette nell’area verde che si estende alle spalle degli ex-mulini, mentre gli ex-mulini verrebbero ristrutturati e destinati a residenze di lusso, servizi commerciali e direzionali.

L’Ente Parco avrebbe come modestissima contropartita, una nuova sede all’interno di quel complesso, veramente poco a fronte di una colata di cemento a poche decine di metri dal Sile.

Sempre con la motivazione ufficiale del “recupero”, la variante del Piano Ambientale curata dall’Ente Parco, prevede colate di cemento lungo il fiume da Canizzano a San Giuseppe, dalla zona dell’Ospedale a Sant’Antonino.Altri pericoli che corre il nostro parco sono cave, discariche e capannoni sorti in zone improprie, per non parlare dell’aeroporto di Treviso che entra nei confini del Parco invadendo con segnalazioni luminose il corso delle acque.

Cimitero dei Burci (foto di Riccardo Lelli)

Cimitero dei Burci (foto di Riccardo Lelli)

Alla mancanza di una volontà politica di tutelare il territorio, si aggiunge il fatto che l’Ente si trova ad avere una struttura inadeguata per una cronica carenza di organico, a partire dalla ormai altrettanto cronica mancanza di un Direttore. Attualmente la Regione, invece di procedere alle nomine secondo criteri di competenza, ha solamente prorogato i Direttori attualmente in carica. L’Ente Parco, invece, dovrebbe avere un Direttore capace e qualificato che garantisca la continuità gestionale dell’Ente. Si pensi che in venti anni sono stati cambiati otto direttori. Il Direttore dovrebbe garantire il coordinamento dei vari settori come la gestione urbanistica, ambientale, agricola, faunistica e non ultimo, l’educazione ambientale.

Ma gli interventi poco efficaci, per non dire assenti dell’Ente Parco, denunciati più volte da SEL, non sono da attribuire solamente alle problematiche fin qui descritte. La carenza di organico consente spesso ai politici di invadere la sfera amministrativa e quindi permette una gestione clientelare delle risorse. Infatti, troppo spesso i comuni spingono perché vengano realizzate piccole o grandi opere portatrici di consensi elettorali come campeggi o piste ciclabili o, peggio, cedono alle lusinghe della speculazione e perciò il reale miglioramento dell’ambiente raramente viene preso in considerazione e proprio per effetto delle scelte operate dall’Ente Parco, spesso in deroga a leggi e regolamenti. Finora si è perso circa il 50% della biodiversità e le aree edificate sono aumentate del 30%.

Pertanto, oggi più che mai è necessaria una struttura adeguata ed efficiente che consenta sia una reale tutela, sia la progettazione e la gestione di iniziative.

C’è la possibilità di accedere a finanziamenti della Comunità Europea che consentirebbero di ridare al Parco del Sile un nuovo slancio creando una maggiore sensibilità ed interesse nella popolazione e negli operatori locali, sempre che la Regione e le forze politiche ne abbiano la volontà.

Infine, è fondamentale che i cittadini stessi si sentano coinvolti delle sorti di questo Fiume, anche controllando l’operato dell’Ente e delle forze politiche che ne hanno la responsabilità, perché il Sile garantisce loro una migliore qualità della vita e perché l’acqua è un bene comune.

Il Comune di Treviso, in quanto comune capoluogo, dovrebbe farsi carico di contattare i comuni e riorganizzare l’Ente secondo principi di legalità ed efficienza, ed avere come scopo principale la salvaguardia reale di quest’ambiente.

Mara Fighera – Giuliano Carturan (circolo SEL – Treviso Città)

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Oggi giornata contro l’amianto, il Governo se ne occupi

Oggi è la giornata mondiale delle vittime dell’amianto, problema sommerso che in Italia riguarda almeno 4000 decessi all’anno.

In Italia il Piano Nazionale Amianto del governo Monti è sospeso perché non ha copertura finanziaria.

L’amianto è un problema di salute pubblica per le mancate bonifiche del territorio, che Legambiente stima in 75000 ettari da bonificare in Italia e stiamo parlando di fabbriche, case, scuole, insomma i luoghi della nostra vita quotidiana.

E’ soprattutto un problema di mancata tutela della salute dei lavoratori, che respirando questa sostanza sono morti e/o hanno dovuto aprire lunghe cause giudiziarie di cui spesso non hanno visto la fine perché venisse riconosciuta la malattia professionale.

Risulta evidente che gli aspetti sociali, sanitari e ambientali della presenza dell’amianto non interessano minimamente chi ci sta governando a proclami, mentre i cittadini convivono con questa sostanza e la respirano ignorandone la presenza, non sapendo i danni che provoca e i lunghi anni che passano tra il contatto con l’amianto e il verificarsi delle malattie stesse.

Secondo l’INAIL il picco di manifestazione della malattia è previsto tra il 2025 e il 2030, quindi ci sarebbe tempo per fare un’adeguata informazione, prevenzione e continuare con le necessarie bonifiche.

In un momento di crisi economica in cui i diritti dei lavoratori sono diventati facile merce di scambio, noi continuiamo a sottolineare con forza che il diritto al lavoro ed il diritto alla salute dei lavoratori sono imprescindibili l’uno dall’altro e non permetteremo che vengano divisi e strumentalizzati, che passi l’idea becera che un posto di lavoro valga la salute anche di una persona soltanto.

Il silenzio del nostro governo su questi temi e’ così assordante che non ci si è sprecato nemmeno un tweet all’ora dell’aperitivo.

Alessia Grassigliamianto

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Usiamo per il territorio i soldi destinati alle armi

ImmaginePiano per il territorio contro le alluvioni e le frane,
finanziamolo con i soldi destinati alle armi

L’Assemblea provinciale di Treviso, di fronte alla situazione di estrema debolezza del territorio che ancora una volta il Veneto rivela di fronte alla stagione delle piogge, prende atto con piacere delle parole del governatore Zaia riguardo a quello che egli chiama un “piano Marshall” per il territorio.

Sinistra Ecologia Libertà, che da tempo chiede un piano verde per il lavoro, che faccia della difesa e della messa in sicurezza del territorio uno degli elementi di tutela del paesaggio e dell’ambiente, di sicurezza dei cittadini, e un elemento di lotta alla disoccupazione e alla depressione economica, ritiene che i problemi di finanziamento degli investimenti possano trovare una soluzione attraverso la rinuncia agli investimenti miliardari in sistemi d’arma, a partire dai famigerati e poco raccomandabili cacciabombardieri F-35, e l’utilizzo di quelle risorse per avviare finalmente la più urgente grande opera pubblica della quale abbiamo bisogno, la messa in sicurezza del nostro sempre più fragile territorio.

Assemblea provinciale
Federazione di Treviso
Sinistra Ecologia Libertà

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sabato 30: manifestazione a Venezia dei comitati per i beni comuni e contro il consumo di suolo

Sabato 30 novembre i comitati e i gruppi di cittadinanza attiva del Veneto manifestano a Venezia per i beni comuni e contro il consumo di suolo e di salute. Sinistra Ecologia aderisce e condivide le ragioni alla base della manifestazione.
manifestazione-veneto
NO GRANDI OPERE – NO CONSUMO DI SUOLO
PER LA DEMOCRAZIA E I BENI COMUNI
PER IL DIRITTO DI RESPIRARE, LAVORARE, VIVERE IN VENETO
Giornate di mobilitazione regionale in difesa della qualità della vita
Sabato 16 novembre : iniziative di sensibilizzazione nei Comuni del Veneto
Sabato 30 novembre ore 14 – stazione FS di Santa Lucia – manifestazione regionale a Venezia
La Terra non ce la fa più: ha bisogno di un anno e mezzo per recuperare quello che le viene sottratto in un anno. “Il clima impazzito sconvolgerà il pianeta. Siamo vicini al punto di non ritorno” (Ipcc-Onu 2013). E il Veneto è una delle regioni più inquinanti e inquinate d’Europa.
• L’inquinamento atmosferico, prodotto da traffico, inceneritori, cementifici, centrali termoelettriche, industrie nocive, grandi navi, avvelena l’aria: la peggiore d’Europa.
• Cementificazione e asfaltatura del suolo impoveriscono le campagne, provocano frane e alluvioni, distruggono il paesaggio e un patrimonio storico ed ambientale di valore inestimabile.
• Eccessivi prelievi d’acqua inaridiscono i fiumi, provocando l’avanzamento del cuneo salino, e l’abbassamento delle falde acquifere.
• Col sistema del “project financing” banche e grandi imprese succhiano miliardi di risorse pubbliche. Per i cittadini questo significa solo debito, aumenti di tariffe per i servizi e per pedaggi speculativi.
• I cittadini e i Comuni non contano più nulla poiché la Regione ha azzerato la pianificazione urbanistica riducendola ad un incredibile delirio di autostrade e “progetti strategici” (mega-poli commerciali direzionali), mentre le verifiche ambientali sono ridotte a pura formalità.

Gli abitanti del Veneto sono da anni impegnati in una moltitudine di vertenze locali, volte a salvaguardare la vivibilità del territorio. Cittadine e cittadini di buona volontà si sono finalmente riuniti per chiedere una urgente inversione di rotta:
Fermare subito le “grandi opere” inutili e dannose (nuove autostrade e linee TAV, carbone nella centrale di Porto Tolle, MOSE, scavo nuovi canali in laguna, nuove scogliere e false barene-discariche);
Allontanare definitivamente le “grandi navi” dalla Laguna;
Liberare il territorio dalle servitù militari
Finanziare i Comuni, anche con la Cassa Depositi e Prestiti per manutenzione, messa in sicurezza, riqualificazione energetica di edifici pubblici e territorio – vera grande opera necessaria – dando lavoro alle piccole e medie imprese
Riconversione ecologica delle città, delle industrie e dell’agricoltura per creare buona e stabile occupazione
Gestione pubblica e partecipata, senza profitti in bolletta, di acqua e servizi pubblici – No allo sfruttamento indiscriminato delle risorse idriche
Fermare la privatizzazione della sanità: i “project financing” ospedalieri sottraggono risorse pubbliche alla prevenzione e alle prestazioni sanitarie
Stop al consumo di suolo agricolo : cambiare la legge urbanistica regionale e il nuovo PTRC – Piano Territoriale Regionale – per tutelare il patrimonio storico, culturale e paesaggistico, attuando finalmente e per intero il Codice nazionale del Paesaggio.
Basta con il ricorso alla “legge obiettivo” e ai commissari straordinari
Basta con inceneritori, cave e discariche – Incentivare riduzione, riuso e riciclo dei rifiuti
Stop a nuove autostrade, strade, raccordi e poli commerciali che desertificano i nostri centri, distruggendone il tessuto sociale e le attività economiche: investire per recuperare aree ed edifici da bonificare e riqualificare (a partire da Porto Marghera) per attività innovative.
Investire non in autostrade e Alta Velocità, ma in rinnovo e potenziamento delle ferrovie esistenti con un piano integrato di vera intermodalità. Favorire il trasporto pubblico locale e regionale (SFMR). Favorire la mobilità ciclo-pedonale. Spostare il trasporto merci dalla gomma alla rotaia.
Ricostruire gli organismi di valutazione e controllo ambientale per renderli indipendenti dai poteri politici ed economici: eliminare i conflitti d’interesse e di competenze e la concentrazione di tutti i poteri (di Piano, progetto, valutazione, attuazione e controllo) in una sola figura.
Garantire pubblicità e trasparenza ai lavori delle Commissioni d’inchiesta del Consiglio regionale sulla “finanza di progetto” e le aziende regionali, innanzitutto su Veneto Strade SpA
Smantellare l’intreccio politica-affari oggi all’attenzione della Magistratura
Difesa della Costituzione e delle assemblee elettive, contro ogni tentazione presidenzialistica. Partecipazione piena dei cittadini alle decisioni e ai controlli.

I comitati e i movimenti, le associazioni e i gruppi di cittadinanza attiva operanti in Veneto invitano tutte e tutti a far sentire la loro voce e a partecipare alle iniziative programmate.

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Aeroporto Canova – Interrogazione alla Camera

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La Parlamentare di Sinistra Ecologia Libertà  On. Serena Pellegrino ha presentato presso la Camera dei Deputati un’Interrogazione a risposta scritta indirizzata al MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE e al MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI sulle problematiche relative all’Aeroporto Canova di Treviso, soprattutto per quanto riguarda le Autorizzazione concesse da ENAC e il procedimento di V.I.A., oltre che le garanzie rispetto l’operato della Ditta Mestrinaro SPA.

L’iniziativa parlamentare fa seguito al rapporto di fattiva collaborazione tra la Federazione SEL di Treviso e il Comitato Aeroporto Treviso, che ha visto l’On. Pellegrino incontrare il Comitato all’iniziativa promossa dalla lista SEL/La Sinistra Unita per Treviso durante la campagna elettorale per le recenti Elezioni Comunali.

L’Interrogazione vede come co-firmatari i Deputati ZAN, ZARATTI, MARCON, BRANDOLIN, RIZZETTO e PRODANI.

Per la Federazione SEL di Treviso

Il Resp. Comunicazione

Stefano Dall’Agata

camera

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-01568

presentato da

PELLEGRINO Serena

testo di

Venerdì 2 agosto 2013, seduta n. 64

PELLEGRINO, ZAN, ZARATTI, MARCON, BRANDOLIN, RIZZETTO e PRODANI. — Al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

il sedime dell’aeroporto Antonio Canova di Treviso si colloca a ridosso del perimetro del parco naturale regionale del fiume Sile istituito con legge regionale n. 8 del 1991 e ricade, in piccola parte, all’interno di esso; è adiacente al perimetro dell’area SIC IT 3240028 fiume Sile dalle sorgenti a Treviso Ovest, istituita ai sensi della direttiva 92/43/CEE habitat, e costituisce elemento di continuità tra l’abitato della frazione di San Giuseppe in comune di Treviso e l’abitato del capoluogo del comune di Quinto, tanto che le abitazioni più prossime sono addirittura adiacenti alla recinzione dell’aviosuperficie. Si precisa che seppur in piccola parte il sedime dell’aeroporto ricade in quest’area di interesse comunitario;
l’impatto che l’attività aeroportuale determina sulla residenza e sull’ambiente circostante allo stato attuale, è evidente. Gli apparecchi durante le fasi di atterraggio e decollo sorvolano, a poche decine di metri, sia zone densamente popolate che ambiti del Fiume Sile, ben noto a tutti come fiume di risorgiva più importante d’Italia;
in relazione al piano di sviluppo aeroportuale (progetto 1/2012), per quanto concerne l’aeroporto Antonio Canova di Treviso si osserva che il progetto di ampliamento, ad avviso dell’interrogante, non rispetta le normative Ue sulla procedura d’impatto ambientale;
per il Canova è stata chiesta la compatibilità ambientale il 6 dicembre 2002, e dopo il parere interlocutorio negativo del Ministero dell’ambiente, datato 2007, le autorità competenti avrebbero dovuto presentare una nuova VIA entro tre mesi, ma di fatto non è avvenuto;
nonostante questo, le società di gestione dell’aeroporto, SAVE spa e AERTRE spa a partire dal 2007, hanno realizzato comunque gli interventi di ampliamento: terminal, nuovi parcheggi interni ed esterni alla struttura ed ancora ampliamenti dell’aerostazione;
nel 2011 ENAC richiede alla Commissione VIA del Mattm un’autorizzazione per interventi di potenziamento e sviluppo delle infrastrutture di volo: rifacimento della pista ampliamento della superficie interessata dai movimenti a terra, nonché opere impiantistiche ed idrauliche. Tali opere sono state eseguite grazie a un documento del Ministero dell’ambiente del 5 maggio 2011 che ha concesso parere favorevole all’esclusione della procedura VIA. Tale atto è stato impugnato da Italia Nostra e dal Comitato aeroporto di Treviso con ricorso in giudizio al TAR del Veneto (n. di protocollo 1528 del 2011);
l’autorizzazione all’esclusione avrebbe permesso un ulteriore sviluppo delle attività aeroportuali, con un aumento degli impatti su persone e territorio;
nel 2011 ENAC autorizzava 8 movimenti/ora sullo scalo Canova affermando che il decreto DSA-DEC-2007-000039 del 14 maggio 2007, che limitava a 16.300 movimenti/anno non fosse attuativo, rimandando all’articolo 687 del codice della navigazione secondo il quale «l’unica autorità di regolazione tecnica, certificazione, vigilanza e controllo» sia l’ENAC; si è così sforato, nel periodo dal 2007 al 2012, il limite considerato cautelativo dal Ministero dell’ambiente;
nel marzo del 2012, ENAC presenta un master plan di sviluppo delle attività connesse all’aeroporto Canova che comporterebbe la triplicazione del numero dei voli, attualmente pari a 16.300 annui e un aumento dei passeggeri da due milioni attuali a cinque milioni e seicentomila. Questo comporterebbe un ulteriore impatto ambientale ed un aggravio sulle vie di comunicazione limitrofe e sulle aree urbane interessate con un conseguente aumento dell’inquinamento sia acustico che atmosferico. Non ultimo le ricadute sul parco regionale del fiume Sile, area di alto valore naturalistico, sarebbero di grande impatto ambientale;
anche la più recente normativa regionale sul governo del territorio (legge regionale 11/2004) sancisce che lo sviluppo, in generale, debba soddisfare a requisiti di sostenibilità non pregiudicare la qualità della vita dei cittadini e delle generazioni future e rispettare le risorse naturali;
alla procedura di VIA del master plan dell’aeroporto di Treviso sono giunte innumerevoli osservazioni contrarie al progetto, da parte di associazioni ambientaliste quali LEGAMBIENTE, ITALIA NOSTRA, Salviamo il Paesaggio, nonché ANPI, FARE TREVISO, Comitati cittadini, comune di Zero Branco e comune di Quinto di Treviso;
queste osservazioni hanno evidenziate, sia innumerevoli incongruenze sull’iter fino ad oggi seguito, sia possibili illeciti commessi dall’azienda MESTRINARO spa di Zero Branco di Treviso che, come denunciato dal Comitato antiampliamento su Il Gazzettino di Treviso del 17 aprile 2013, potrebbe aver conferito materiale altamente tossico e nocivo nell’esecuzione dei lavori (giugno/dicembre 2011) di sottofondo della pista di volo dell’aeroporto Antonio Canova di Treviso;
la MESTRINARO spa risulta infatti già indagata dalla Procura di Venezia e di Vicenza per l’utilizzo di rifiuti tossici, impiegati nei lavori di sottofondo, eseguiti per la costruzione delle autostrade Val Dastico (VI), della A4 Venezia/Trieste, e del parcheggio dell’aeroporto Marco Polo di Venezia, così come denunciato dal Corriere Veneto del 6 luglio 2013 e dalla pagina nazionale del quotidiano La Tribuna di Treviso del 13 aprile 2013 –:
se i Ministri interrogati:
a) intendano fare chiarezza su questa aggrovigliata situazione procedurale creatasi nel corso degli anni e che ENAC ha dimostrato di non saper governare;
b) se ritengano, a fronte di questa situazione, di sospendere l’iter procedurale di VIA del marzo 2012, in attesa di far chiarezza sullo sforamento dei lavori eseguiti, ma non autorizzati, nel 2011 all’interno del Parco del Sile, così come denunciato da Legambiente Treviso nelle sue osservazioni presso la Commissione VIA dello stesso Ministero;
c) se, in particolare, il Ministero delle infrastrutture dei trasporti intenda avviare un’indagine conoscitiva dei fatti avvenuti in questi ultimi anni sullo sviluppo dell’aerostazione in questione, e sul ruolo che ENAC (ente predisposto al controllo, verifica, nonché responsabile di tutti i progetti in ambito di aviazione civile), abbia avuto in questa vicenda di normative non applicate e di decreti ministeriali non rispettati. (4-01568)

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Contro la cementificazione del territorio veneto, volantinaggio di SEL oggi al Sant’Artemio

Oggi alle 18.00 volantinaggio di SEL  di fronte al Sant’Artemio contro il PTRC della Giunta Zaia
SALVARE IL VENETO
La Giunta Regionale sta presentando, provincia per provincia, la nuova versione del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC), che delinea le linee di sviluppo e di governo del territorio regionale per i prossimi anni.
Nella sua prima versione, il piano non è stato approvato perché non in regola con quanto la normativa prevede a proposito della tutela paesaggistica. Quindi al piano è stata data valenza paesaggistica ed ora ha ripreso l’iter di approvazione sotto forma di “variante parziale”.
Sinistra Ecologia Libertà muove rilievi fortemente critici al piano regionale, e per questo, in occasione di queste presentazioni, volantinerà all’ingresso degli incontri ai convenuti un breve documento nel quale si indicano i rilievi critici che vengono mossi alla proposta della Regione.
Assieme ad una serie di associazioni e comitati preoccupati della nuova possibilità di cementificazione, Sel si impegna a presentare osservazioni alla variante e a creare la mobilitazione necessaria a modificare l’impianto del PTRC.
A fronte delle dichiarazioni di buoni propositi sul contenimento del consumo del suolo veneto, la proposta del piano libera invece la possibilità di una nuova diffusa cementificazione. Basti pensare alla possibilità edificatoria che la Regione riserva a sua discrezione nel raggio di ben 2 km attorno ai caselli autostradali. Per questo è necessario un cambio di rotta, e che alle dichiarazioni di principio contro il consumo di territorio seguano decisioni conseguenti.
Luca De Marco
Coord. Prov. SEL Treviso Continua a leggere

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Ambiente e rifiuti: un binomio possibile.

4 giugno 2013 ore 21.00

sala Aldo Moro Mogliano Veneto (TV)

rifiutiNe parliamo con:
Vincenzo Genovese Autore delle osservazioni di SEL al piano rifiuti

Oscar Mancini Responsabile ambiente e territorio SEL Veneto

Giorgio Massimi Comitato NO INCENERITORE

Luigi Amendola Capogruppo di SEL in Consiglio Provinciale

Luca de Marco Coordinatore Provinciale di SEL

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Un altro Piano Regionale dei Rifiuti è possibile

La Federazione Regionale di Sinistra Ecologia Libertà ha presentato entro il termine (21 maggio) delle osservazioni al Piano Regionale dei Rifiuti Urbani e dei Rifiuti Speciali adottato dalla Giunta Regionale, che continuerà il proprio iter in Consiglio Regionale.

Le osservazioni sono state presentate in due conferenze stampa, giovedì 23 a Verona e venerdì 24 a Treviso.

Il documento, redatto dall’arch. Vincenzo Genovese, oltre a formulare delle proposte di modifica del piano si pone come una sorta di contropiano, una proposta pianificatoria alternativa, che rigetta la logica dell’incenerimento che sottende al piano regionale e sposa l’obiettivo dei rifiuti zero.

Di seguito la sintesi del documento:

Piano Regionale dei rifiuti urbani e speciali adottato dalla Giunta Regionale del Veneto pubblicato sul Bur con il 21 maggio, è scaduto il periodo di 60 giorni per la presentazione delle osservazioni. Molti cittadini , comitati e enti locali hanno fatto pervenire in Regione migliaia di osservazioni.

Come SEL, dopo aver esaminato con attenzione il piano abbiamo elaborato un documento/osservazioni che sinteticamente illustriamo       e che si sostanzia in una proposta alternativa rispetto agli scenari prospettati dal piano al 2020:

1) Un piano ricco di dati e molto articolato nell’esaminare l’intero ciclo dei rifiuti regionali( dalla quantità prodotta al conferimento finale) ma che nella sua articolazione propositiva, attraverso gli scenari al 2020, ripropone lo sbocco finale per la chiusura del ciclo dei rifiuti attraverso l’incenerimento e il conferimento in discarica, anche se previsto con minor quantità;

2) La proposta alternativa che noi indichiamo parte dalle nuove linee guide europee che privilegiano più il recupero della materia a fronte del recupero energetico e prospetta una nuova politica per la gestione dei rifiuti che ha come sbocco la strategia dei “Rifiuti Zero”, già adottata da molti comuni “virtuosi”;

3) Il calo della quantità dei rifiuti che si registra in quest’ultimo periodo non va visto come una “calamità” , frutto della crisi,ma come un inizio di cambiamento che conferma che il rifiuto è una risorsa e come tale non va sprecata. Lo scenario alternativo al 2020 prevede di raggiungere una produzione procapite anno di 360 Kg/ab/anno a fronte di una previsione di piano di oltre 420 Kg/ab/anno, riducendo in modo consistente il totale dei rifiuti urbani prodotti;

4) La quota di raccolta differenziata da raggiungere al 2020 dovrà arrivare all’80% a fronte della previsione del 70% ipotizzata negli scenari 1 e 1bis del piano regionale. Questo è possibile con l’allargamento del sistema “porta a porta” attraverso il quale molti comuni hanno già raggiunto percentuali superiori al 70%;

5) Il rifiuto residuo , a valle della raccolta differenziata , trattato con impianti TMB (Trattamento Meccanico Biologico) dovrà essere finalizzato più al recupero di materia da riciclare e di produzione di manufatti finiti che alla produzione di CDR (Combustibile da Rifiuti) per alimentare gli inceneritori.  Questo è possibile se si favorisce il rinnovo e l’innovazione dell’impiantisca esistente;

6) Il percorso fino adesso indicato (riduzione dei rifiuti e aumento della raccolta differenziata e recupero di materia) rende inutile la previsione di nuovi impianti per l’incenerimento dei rifiuti come quello che s’intende realizzare a Verona (Cà del Bue),spacciato come ristrutturazione dell’impianto esistente con una potenzialità di 150000 tonn/anno; gli inceneritori attualmente in esercizio (Schio-Padova-Fusina(VE)) hanno una   potenzialità residua di rifiuti da trattare in grado di assorbire una eccedenza di rifiuti da incenerire rispetto alla quantità che già si  incenerisce;

7) Per le discariche si confermano, come previsto dal piano, la graduale dismissione e la progressiva riduzione dei rifiuti da conferire come si è registrato negli ultimi anni. La riduzione graduale si è resa necessaria per gli oltre tre milioni di metri cubi residui esistenti per la saturazione;

8) Infine il principio di prossimità , cioè smaltire i rifiuti nel territorio ove vengono prodotti, più volte citato nel piano, viene disatteso confermando di considerare l’intera regione come Ambito Territoriale Ottimale (ATO) per la chiusura del ciclo dei rifiuti (L.R. 52 del 31 dicembre 2012) e prevedendo per i futuri bacini territoriali (in fase di approvazione) la sola competenza di organizzazione e controllo del servizio di gestione  integrato del ciclo dei rifiuti.

La nostra proposta alternativa individua un   sistema  virtuoso  e  moderno  per la chiusura del ciclo dei rifiuti e rappresenta  anche  una  risposta  concreta  alla  crisi  perché, mettendo  a  regime  le  raccolte  differenziate  “Porta  a  porta”  e  incentivando  e  potenziando  la filiera industriale del riciclaggio, si creeranno migliaia di posti di lavoro e nuova ricchezza sociale.

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Aeroporto Canova – Mozione in Parlamento

aeroporto SELUna interrogazione o, meglio ancora, una mozione parlamentare per cercare di porre un freno all’espansione dei voli nell’aeroporto Canova di Treviso – ma anche al Marco Polo di Venezia – ossia alle operazioni di espansione nei cieli targate Save, la società veneziana che ha inglobato anche la trevigiana AerTre, società che gestisce il Canova: a presentarla sarà l’onorevole Serena Pellegrino, di SEL, presente ieri all’incontro organizzato dalla lista La Sinistra Unita per Treviso. Presenti all’incontro anche gli esponenti del comitato di Treviso e Quinto contro l’espansione dei voli a Canova, tra i cui leader c’è Dante Faraoni. La Lista ha voluto sposare così in toto la battaglia del comitato, da anni sulle barricate contro Save e AerTre. E così la Pellegrino si farà sentire in Parlamento, portando la voce dei trevigiani che si battono per l’ampliamento dello scalo.  Nel corso dell’incontro è stato ribadito che il numero di 16.300 voli annui deve essere vincolante e rispettato, che vanno salvaguardate innanzitutto la salute e la qualità della vita dei cittadini, segnatamente riguardo all’inquinamento acustico ed atmosferico.

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