la decisione di Poste italiane spa di ridurre il perimetro del servizio universale nei modi anzi descritti conferma la volontà da parte della società di perseguire la mera logica del profitto puntando su assicurazioni, carte di credito, telefonia mobile e servizi finanziari in genere, che nulla hanno a che fare con il servizio universale, a scapito delle esigenze della collettività, chiudendo uffici che ritiene «improduttivi» o «diseconomici», senza considerare che i servizi postali rappresentano un servizio fondamentale per lo svolgimento delle attività quotidiane di numerosissime imprese, famiglie e residenti anziani che si troveranno nella condizione di non poter più usufruire di prestazioni essenziali, quali il pagamento delle bollette o la riscossione della pensione, con la conseguenza di essere costretti a fare lunghe file nei giorni di apertura, ritardare le operazioni o affrontare frequenti e difficili spostamenti nei territori più disagiati.
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Il Consiglio Provinciale contro la chiusura degli uffici postali
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Dal Governo nessun impegno contro la chiusura degli Uffici Postali. Serve la mobilitazione territoriale. SEL presenta ordine del giorno in Provincia
Dal Governo nessun impegno contro la chiusura degli Uffici Postali. Serve la mobilitazione territoriale. SEL presenta ordine del giorno in Provincia
Ieri alla Camera dei Deputati il ministro dello sviluppo economico Federica Guidi, competente anche per le materie del vecchio ministero delle Poste e Telecomunicazioni, ha risposto ad una interpellanza presentata dai parlamentari di Sinistra Ecologia Libertà, a prima firma dell’on. Franco Bordo, in merito al piano di chiusura degli uffici postali da parte di Poste Italiane.
Il ministro si è purtroppo limitato a rendicontare un incontro tra il sottosegretario e gli amministratori di Poste Italiane, nel quale l’azienda ha confermato il piano di chiusura, accompagnandolo a generiche assicurazioni sulla qualità del servizio complessivo. E rimandando alle interlocuzioni che stanno avvenendo sul territorio con le istituzioni locali.
In pratica, dal governo non c’è e non ci sarà una presa di posizione contraria al piano di chiusura, che viene quindi di fatto avvallato dall’esecutivo Renzi. Diventa perciò prioritario l’impegno sul territorio per non assecondare questa deriva privatistica di Poste Italiane, che sacrifica al profitto la presenza e la vicinanza territoriale, e crea nuovi problemi alle cittadine e ai cittadini già alle prese con tante tristezze.
Per questo il gruppo consigliare provinciale di Sinistra Ecologia Libertà presenterà un ordine del giorno da sottoporre all’approvazione del Consiglio Provinciale, per esprimere sostegno ai sindaci mobilitati e chiedere una azione congiunta dei soggetti sociali e istituzionali che impedisca la realizzazione del piano di dismissione previsto da Poste Italiane.
la discussione alla Camera
FRANCO BORDO. Signor Presidente, signora Ministra, Poste italiane è una azienda pubblica controllata dal Governo italiano che presenta un consolidato bilancio in attivo. Negli ultimi tre anni l’utile di esercizio è pari a una media di un miliardo l’anno. Poste italiane riceve significativi contributi da parte dello Stato per consentire l’erogazione dei servizi essenziali e in modo particolare per gli uffici postali periferici.
L’azienda lo scorso dicembre ha presentato un piano strategico che prevede la chiusura di 455 uffici postali e la riduzione degli orari di apertura per 608 uffici. Questa scelta, se attuata, causerà gravi disagi soprattutto per i residenti anziani o con difficoltà motorie oltre che per le imprese nelle zone colpite dalla scelta.
Sono a chiedere quale azione il Governo intenda attivare perché tale piano venga rivisto affinché non si arrechino ulteriori disservizi agli utenti contravvenendo così a qualsiasi principio di qualità del servizio pubblico che deve essere assicurato in modo efficace e continuativo.PRESIDENTE. Il Ministro dello sviluppo economico, Federica Guidi, ha facoltà di rispondere per tre minuti.
FEDERICA GUIDI, Ministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, rispondo all’interrogazione dell’onorevole Bordo segnalando in primis che la normativa vigente attribuisce comunque il potere di determinare i criteri per l’individuazione degli uffici postali sul territorio nazionale necessari ad assicurare una regolare fornitura del servizio universale all’Autorità per la garanzia nelle comunicazioni, la Agcom.
Il criterio guida per la distribuzione degli uffici postali è costituito, in base alla normativa vigente, dalla distanza massima di accessibilità al servizio espressa in chilometri percorsi dall’utente per recarsi al presidio più vicino e sono fissate diverse soglie di copertura tutte riferite alla popolazione residente sull’intero territorio nazionale. Si prescrive, inoltre, l’operatività di almeno un ufficio postale nel 96 per cento dei comuni italiani e nei comuni con un unico presidio postale in cui non è consentita la soppressione degli uffici si impone una apertura al pubblico degli uffici non inferiore a 3 giorni e a 18 ore settimanali.
La delibera Agcom del giugno scorso prevede criteri ulteriori di distribuzione degli uffici postali con divieto di chiusura di uffici situati in comuni rurali che rientrano anche nella categoria dei comuni montani e di uffici che sono presidio unico nelle isole minori.
In conformità al suddetto quadro regolatorio Poste italiane pianifica annualmente eventuali interventi di chiusura o rimodulazione oraria degli uffici postali informando, con congruo anticipo, gli enti territoriali interessati e naturalmente l’Agcom.
Dopo aver raccolto dai parlamentari, dagli amministratori comunali e regionali molti segnali di preoccupazione a proposito del piano di razionalizzazione degli uffici avviato da Poste italiane, il sottosegretario per lo sviluppo economico Giacomelli, con delega alla materia delle telecomunicazioni, ha incontrato il 12 febbraio scorso l’amministratore delegato di Poste italiane e il Presidente dell’Autorità di regolazione, per valutare le opportune iniziative nel rispettivo ambito di competenza.
In tale occasione l’amministratore delegato di Poste italiane ha fatto presente che il suddetto piano non comporterà alcun impatto occupazionale né una riduzione dei servizi ai cittadini. Ha, inoltre, ribadito che i tagli degli uffici previsti nel 2015 sono in linea con i criteri fissati dalla Agcom come peraltro confermato dalla stessa Autorità. Si è, infine, reso disponibile comunque a intraprendere iniziative di condivisione del piano con il territorio e, in tal senso, è stato definito il programma di incontri con il presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome e con il presidente dell’Associazione nazionale dei comuni italiani.
Sono tuttavia già in corso, a livello territoriale, iniziative di comunicazione con i sindaci e le istituzioni locali e in particolare l’azienda si è impegnata a spiegare come l’introduzione dei servizi innovativi assicurerà comunque la tutela dei servizi universali per i cittadini.
Quanto, infine, al nuovo contratto di programma fra il Ministero dello sviluppo economico e Poste italiane Spa, è in corso naturalmente il relativo iter di predisposizione secondo quanto previsto nella legge di stabilità per il 2015.PRESIDENTE. L’onorevole Franco Bordo ha facoltà di replicare per due minuti.
FRANCO BORDO. Signor Presidente, non sono soddisfatto, signora Ministra, perché ovviamente la sua ricostruzione sta dentro quella che è la correttezza di un percorso, però la scelta politica, voglio dire, del Governo di dire «mettiamo un fermo a questo piano» non l’ho sentita.
Invece è necessario dal nostro punto di vista fermare, stoppare questo piano perché questo piano riguarda soprattutto la scelta di Poste italiane di quotarsi in borsa, di andare verso la privatizzazione per cui guardate ai numeri, agli interessi finanziari e poco alle persone. È una scelta che colpirà tutti i territori di Italia, tutte le regioni, che mette in discussione lo stesso principio di servizio universale sancito dalla legge.
Ecco, questo piano presenta, inoltre, ampi margini di irrazionalità. Io voglio farle un esempio su tutti perché lo vivo nella mia città, Crema. Un quartiere popoloso, 6-7 mila abitanti, e l’ufficio postale di Ombriano rientra nell’elenco di chiusura, quando di fianco abbiamo un ufficio postale che è stato acquistato da Poste italiane e per questo motivo verrà chiuso quello delle Poste di Ombriano appunto; e questa è una scelta che arrecherà disagi a migliaia di cittadini e a imprese anche, perché si lamentano le imprese, signora Ministro, banche e non soltanto.
Noi mettiamo al centro del nostro operato la persona e la giustizia sociale. Per questo non molleremo, terremo alto il controllo e faremo di tutto perché sui territori, insieme ai sindaci e insieme ai cittadini e qui in Parlamento, questo piano venga rimesso in discussione nei prossimi mesi.dal resoconto della Camera dei Deputati di mercoledì 18 febbraio 2015
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La Caccia nel trevigiano: un difficile rapporto tra chi la pratica e chi la subisce.
Nel prossimo Consiglio Provinciale sarà posto all’ordine del giorno il nuovo Piano Faunistico Venatorio ( 2013-2018) che la normativa vigente, sia nazionale che regionale, affida alle Province.
La predisposizione del piano verrà poi successivamente sottoposto alla approvazione della Regione Veneto.
Il Piano Faunistico Venatorio rappresenta lo strumento per una corretta pianificazione della attività venatoria , mediante la distinzione differenziata del nostro territorio articolandolo in comprensori omogenei , localizzando gli istituti faunistici, delimitandone la loro estensione . Sono inoltre presenti i criteri per la determinazione del risarcimento dei danni causati dalla fauna alle attività agricole.
Nella nostra Provincia esistono circa 8000 mila cacciatori che, nel nuovo Piano Faunistico, svolgeranno la loro attività in 39 Riserve Alpine ( RA ) ed in 10 Ambiti Territoriali di Caccia ( ATC) non più 13.
Durante la lunga discussione avvenuta in varie commissioni, abbiamo cercato di orientare il nostro intervento ( dopo aver ascoltato tutte le categorie coinvolte,associazioni dei cacciatori,agricoltori , ambientalisti ) ad una difficile integrazione coabitazione tra le esigenze di ognuna .
Infatti è balzata subito allo sguardo la grande difficoltà della coesistenza prima di tutto tra le categorie degli agricoltori e quelle dei cacciatori .
Negli ultimi anni, a causa del terreno edificato a discapito di quello coltivato e non , si è avuta una drastica riduzione dello spazio dedicato alla caccia. Sono diventati quindi frequenti gli episodi di danneggiamento del territorio coltivato con colture “ sensibili “ a causa anche dei cani che accompagnano l’attività dei cacciatori.
E’ diminuita giustamente la tolleranza dei cittadini , che in alcuni casi vedono cacciare, ad una distanza ben al di sotto del limite consentito dalla legge, nei centri abitati .
Alto è il numero delle proteste che arrivano anche alle guardie venatorie provinciali .
Purtroppo a questo problema si aggiunge il fatto che negli ultimi anni è aumentato il numero degli incidenti , in alcuni casi anche mortali , legati alla attività venatoria.
Disattenzione, distrazione, uso maldestro delle armi da fuoco, non rispetto delle normative in vigore, età media elevata dei cacciatori possono essere le cause dei tragici incidenti.
Da questa analisi , abbiamo quindi pensato di presentare degli emendamenti al nuovo Piano Faunistico Venatorio Provinciale , che verranno posti in votazione nel prossimo Consiglio Provinciale , volti soprattutto ad aumentare e rendere capillare e continuo il controllo dell’attività di caccia che viene effettuato soprattutto dalle Guardie Venatorie. A questo proposito, denunciamo il loro misero numero in pianta organica, sono circa 16 , numero assolutamente insufficiente per il vasto territorio adibito alla caccia.
Ricordiamo che quasi tutte le Province a noi contigue ne vantano almeno un numero doppio.
Inoltre chiederemo che la Regione Veneto posticipi almeno a metà Ottobre l’apertura della stagione venatoria, per poter almeno preservare da danni, pressoché irrecuperabili , le nostre migliori e più sensibili colture quali uve pregiate e radicchio.
Siamo convinti che, con il passare degli anni, diminuirà anche il numero degli “ amanti “ di questo “non sport”, e ne saremo felici.
Pensiamo che una politica di protezione ambientale , affiancata ad una rigida attività di controllo della caccia, siano le giuste linee che la Provincia di Treviso dovrà intraprendere per i prossimi anni su questo non tanto amato e poco praticato uso legale delle armi da fuoco.
Luigi Amendola
Capogruppo Sinistra Ecologia Libertà
Provincia di Treviso
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Il Consiglio Provinciale contro le dimissioni in bianco, su proposta di SEL
Nel Consiglio Provinciale di Treviso di lunedì scorso è stato approvato l’ordine del giorno presentato dal nostro gruppo, con una aggiunta proposta dall’UDC, che chiedeva il ripristino della legge contro le dimissioni in bianco, abolita nel 2008 a poche settimane dalla sua entrata in vigore.
Si tratta della legge 188 del 2007, proposta allora dalla sinistra, che introduce un meccanismo semplice ma efficace: la dimissioni volontarie vanno presentate non in carta libera ma in moduli numerati e con una scadenza. Diventa così impossibile attuare la forma di ricatto della firma delle dimissioni su un foglio bianco, che il datore di lavoro chiede per poi poter datare all’occorrenza il foglio e liberarsi della/del dipendente.
Purtroppo la legge, non appena entrata in vigore, con il cambio di Governo è stata repentinamente soppressa dal Governo Berlusconi all’interno del primo decreto del giugno 2008, su iniziativa del ministro Sacconi. L’ordine del giorno chiedeva dunque che si ritornasse su quella decisione.
Il nuovo ministro del Lavoro, Fornero, ha da tempo promesso un intervento sulla questione. Non più tardi di domenica scorsa, su Il Corriere della Sera rispondeva sulla questione in quella maniera oscura che in Italia, a differenza del resto del mondo, contraddistingue il dire dei “tecnici”: “Stiamo studiando un provvedimento che sia a tutela di un lavoratore che può essere in condizione di inferiorità e costretto alle dimissioni, ma non vogliamo che sia una rivalsa nei confronti delle imprese”.
La prima preoccupazione del ministro, par comunque di capire, è che non ci sia una rivalsa nei confronti delle imprese. Trattandosi di trovare il meccanismo adatto per prevenire un atto illegale, risulta davvero difficile condividere questa preoccupazione del ministro. Sarebbe forse meglio che il ministro scoprisse il valore dell’umiltà, e andasse a riprendere in mano la legge 188. In questo senso, il sollecito che giunge dal Consiglio Provinciale di Treviso è un suggerimento che può essere prezioso.
Luca De Marco
Coordinatore provinciale SEL Treviso
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LA CRISI NON LA PAGHI IL TERRITORIO
Dopo le uscite in ordine sparso e con posizioni discordanti dei rappresentanti delle diverse categorie sociali, apprendiamo con soddisfazione dell’avvenuta intesa su una linea comune adottata dai sindacati e dai rappresentanti delle categorie economiche sul caso IKEA.
Bisogna sfuggire alle sirene di coloro che vorrebbero far pagare la crisi non solo a studenti, lavoratori e pensionati, ma anche all’ambiente e al territorio.
Siamo di fronte, infatti, ad una serie continua di proposte contro l’ambiente e contro il territorio che chiedono il via libera attraverso il ricatto occupazionale, con il sottinteso che in tempi di crisi vanno sacrificate le ragioni dell’ambiente alle ragioni del lavoro.
Ma con il piccolo particolare che le stime occupazionali sono fatte apposta per allettare, non per documentare e informare sulle reali ricadute occupazionali dell’operazione. È così per l’operazione di Barcon, è così per l’operazione IKEA, dove i 1300 addetti più 200 di indotto sono uno specchietto per le allodole più che una seria previsione.
A nostro avviso, invece, proprio il momento di crisi che stiamo vivendo, che è anche la crisi di un certo tipo di sviluppo che ha sacrificato ogni cosa sull’altare di una crescita indiscriminata e più quantitativa che qualitativa, deve spingere a ricercare un modello di sviluppo più avanzato dove le ragioni dell’ambiente si conciliano con quelle dei diritti dei lavoratori, e si rafforzano a vicenda.
È la via d’uscita della riconversione ecologica dell’economia.
Sulla questione IKEA, ribadiamo che il Piano Provinciale non può che portare la Provincia ad un parere negativo sulla proposta. Perché il piano prevede che i centro commerciali vadano insediati in zone produttive da riconvertire, non su nuovo suolo agricolo da consumare.
Qualsiasi altro parere sarebbe illegale. Se Muraro vuole chiedere al Consiglio Provinciale di approvare una deroga al Piano Provinciale, dovrà spiegare per bene cosa ci sta a fare la pianificazione provinciale, se al primo banco di prova la si fa saltare. Oltre a dover spiegare la coerenza del suo partito, che anni fa tappezzava le strade di scritte e cartelli “basta capannoni”. Lo facevano solo per frenare le assunzioni e non far arrivare stranieri, o c’era anche un po’ di amore per il nostro vituperato territorio?
Luca De Marco
Coordinatore provinciale Sinistra Ecologia Libertà
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Pat di Borso del Grappa: Interpellanza di SEL al Consiglio Provinciale
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Fare della virtù una necessità: una provincia più sobria – Testo dell’Ordine del Giorno presentato da SEL in provincia.
Ordine del giorno
Il Consiglio Provinciale di Treviso
Premesso che
– le norme del Patto di Stabilità interno, fissate dal Governo e dal Parlamento, costringono gli enti locali e la Provincia a una situazione di pesante ingessamento della propria operatività.
– i trasferimenti statali agli enti locali e alla Provincia sono andati drasticamente riducendosi. Da ultimo, per il 2011 il Ministro dell’Interno ha fissato una riduzione dei trasferimenti alle province del 22,934 per cento rispetto al totale generale dei trasferimenti erariali attribuiti alla data del 16 novembre 2010 (Decreto del Ministro dell’Interno del 09/12/2010). E la recente manovra del Governo prevede nuovi tagli agli enti locali nei prossimi anni.
– le entrate provinciali derivante dalla circolazione dei veicoli a motori, anche a causa della difficile congiuntura economica che sta attraversando il paese, registrano negli ultimi anni un trend negativo.
Per far fronte ad una situazione di difficoltà economica, l’Ente pubblico debba anzitutto considerare e ridurre i propri costi superflui prima di deliberare inasprimenti fiscali nei confronti dei cittadini.
L’aumento della imposta gravante sull’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile dei mezzi a motore avrebbe potuto essere evitata attraverso una manovra che avesse questi contenuti:
- · messa all’asta della quota di partecipazione (458.944 azioni) della società SAVE spa detenuta dalla Provincia. Per una entrata di almeno 3.450.000,00 euro
- · rinuncia al proposito di nominare un capo di gabinetto. Per una mancata uscita nel corso dell’anno in corso di 67.692,94 euro
- · costituzione di uno staff del presidente in misura ridotta del 50% rispetto alle assunzioni decise dalla Giunta. Per una mancata uscita nell’anno in corso di circa 68.000 euro
- · rinuncia da parte degli assessori neo nominati, già impegnati nella carica di sindaco in Comuni della Provincia, ad optare per la più cospicua indennità di assessore e a mantenere quella di sindaco. Per un risparmio di circa 97.000 euro
- · riduzione della indennità del Presidente del Consiglio del 30%. Per un risparmio nell’anno in corso di 10.000 euro
In totale questa proposta avrebbe recuperato circa 3,7 milioni di euro, coprendo ampiamente il gettito previsto dall’aumento del 30% dell’imposta sulla RCauto, ma senza gravare sui bilanci delle famiglie e delle aziende trevigiane.
Considerato che
Il Presidente Muraro ha dichiarato di non voler riconfermare per l’anno 2012 l’aumento della Rcauto, e quindi si ritiene di dover estendere agli anni futuri le proposte di risparmio sopra citate
In via generale, si rende necessario un restringimento delle spese superflue per concentrare le scarse disponibilità su investimenti e servizi utili ai cittadini
Il consiglio provinciale
Impegna la Giunta a
Mettere all’asta la quota azionaria di SAVE spa detenuta dalla Provincia (3,45 mln di euro)
Ridurre il costo dello staff del Presidente del 50% (risparmio annuo 121.500 euro)
Abolire dalla macrostruttura dell’ente la figura del Capo di Gabinetto (risparmio annuo 128.264 euro)
Ridurre l’impegno economico della Provincia verso manifestazioni sportive che già dispongono di ampie sponsorizzazioni e hanno alle spalle importanti gruppi economici, e destinare una parte del risparmio a sostenere gli sport cosiddetti “minori” e la pratica sportiva per le persone diversamente abili.
Ridurre le campagne di comunicazione a quelle strettamente indispensabili per fornire informazioni pratiche e utili alla cittadinanza, e non a “migliorare l’immagine dell’Ente”, come si è fatto finora. Eliminare completamente la produzione di gadgets con il marchio della Provincia.
Non attivare nuovi contratti di consulenza per il Piano Strategico.
Invita
Gli assessori provinciali, che siano anche sindaci, ad optare per la indennità di sindaco e non di assessore (risparmio annuo 166.250 euro)
Il Presidente del Consiglio ad operare una autoriduzione di almeno il 50% della propria indennità (risparmio annuo 27.708 euro)
Treviso, 27 luglio 2011
Sinistra Ecologia Libertà
Gruppo Consiliare
Provincia di Treviso
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L’IPA “Marca Trevigiana” è una buffonata !
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