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Costituzione: una riforma malfatta e dannosa da respingere al referendum

Con l’approvazione della riforma della Costituzione da parte del Senato, che dovrà essere confermata dalla Camera e poi sottoposta tra circa un anno a referendum confermativo, il nostro paese non fa un passo avanti verso la modernizzazione ma un passo avanti verso la confusione e un passo indietro sul terreno della democrazia e della partecipazione popolare alle decisioni pubbliche.

La riforma è tecnicamente fatta male, per quanto il Parlamento l’abbia migliorata rispetto alla proposta iniziale del governo e del ministro Boschi, irrisa da tutti coloro che masticano un po’ di questioni istituzionali come un compitino da prima elementare rispetto alla complessità e importanza delle questioni in ballo. Del resto questo è il governo che ha inteso liquidare sbrigativamente le commissioni di saggi ed esperti messi in campo dal Quirinale e dal Governo Letta per confezionare una riforma a misura dei propri interessi politici. E, del resto, la discussione su questa riforma si è svolta “in un pesante clima di antintellettualismo”, come ha ricordato la senatrice a vita Elena Cattaneo dichiarando il suo voto contrario, che ha voluto anche ricordare “quanto l’insofferenza per le competenze è stata la cartina al tornasole di stagioni politiche tragiche del passato anche recente”.

La riforma è fatta male, e non c’è infatti nessuno che la difenda per come è, ma la si giustifica con motivazioni estranee alla sua qualità ed efficacia, quali l’esigenza di dare un segnale di rinnovamento, o addirittura l’utilità della riforma per farci dare il permesso dalla Commissione Europea di aumentare di 8 miliardi il deficit pubblico. Per non dire delle battute da asilo infantile sui “gufi” e i “professoroni” e altre sciocchezze da imbonitore televisivo che promanano da Palazzo Chigi e sviliscono il livello del dibattito pubblico. Al fondo, la motivazioni dei sostenitori della riforma è il vecchio adagio “piuttosto che niente meglio piuttosto”, o il più nuovista “l’importante è fare, non importa cosa basta fare presto”. La modifica della Costituzione non è un provvedimento facilmente reversibile  e non è nemmeno una legge come un’altra ma è la legge delle leggi e la regola delle regole. Giustificare una approssimazione e una sua scarsa qualità interna in nome di altre esigenze significa elevare a norma fondativa del paese il pressapochismo e l’incompetenza, e produrre in prospettiva guasti profondi per molti anni

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Non è, purtroppo, solo l’insipienza a muovere i novelli costituenti, ma anche se non soprattutto l’astuzia nel congegnare un meccanismo istituzionale, composto da riforma del Senato e nuova legge elettorale, che intende incidere profondamente nel nostro sistema democratico riducendo gli spazi di partecipazione e verticalizzando il potere, potenziando a dismisura la maggioranza e il governo. Quella che si vuol chiudere non è la stagione della stagnazione, come recita la propaganda, ma l’esperienza storica e istituzionale di una democrazia a base parlamentare e a partecipazione diffusa, e di un sistema della autonomie locali che è uno degli assi portanti delle nostre istituzioni e un elemento fondamentale per l’esercizio dei diritti dei cittadini e per l’erogazione dei servizi. Questa riforma porta a completamento una deriva personalistica della nostra politica e un progressivo svuotamento delle sedi rappresentative che dura ormai da anni. Il passaggio dalla democrazia dei partiti di massa alla democrazia del pubblico, dalla partecipazione attiva alla passività dello spettatore televisivo, è un fenomeno che conosciamo da un ventennio e che non è slegato dal fatto di avere avuto come perno centrale della politica degli ultimi 20 anni l’uomo più ricco e il maggior proprietario televisivo di Italia. Anziché marcare una discontinuità con quella deriva post-democratica, approfittando anche della sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato la legge elettorale del centrodestra (il famigerato “Porcellum”), per un soverchiante eccesso delle esigenze di “governabilità” che mortificava la rappresentatività democratica prevista dalla Costituzione, si è invece congegnata una nuova legge elettorale che riprende e peggiora il Porcellum e che amplifica fino all’estremo, attraverso il meccanismo del ballottaggio,  la personalizzazione televisiva della contesa democratica per il Governo. E la riforma del Senato, come anche la precedente riforma delle Province, ha al centro l’idea di togliere ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti, restringendo questa facoltà all’interno di pochissimi partiti. L’altra idea forte è quella di ridurre il più possibile meccanismi di controllo e di contrappeso, e di diffusione del potere a livello territoriale, non tanto per “snellire i procedimenti”, come dice la propaganda, ma per accentrare quanto possibile tutti i poteri in un solo partito e quindi, per come siamo messi oggi, in un solo uomo, senza nemmeno il bisogno che sia d’accordo la maggioranza dei cittadini, perché il meccanismo elettorale consente ad una minoranza di farsi maggioranza pigliatutto. Tutto questo non è indifferente e lontano rispetto alla vita quotidiana delle italiane e degli italiani, perché i processi neoautoritari non sono funzionali a politiche di giustizia sociale e di crescita sostenibile e collettiva, ma servono a eliminare gli ostacoli a politiche antisociali e promuovere gli interessi di pochi contro gli interessi di tutti. Tempo fa, del resto, era stato messo nero su bianco da un documento della JP Morgan, dove si diceva che le costituzioni antifasciste dei paesi del Sud dell’Europa erano di ostacolo al dispiegarsi delle riforme neoliberiste che tanto piacciono ai padroni della finanza e tanto fanno soffrire i lavoratori, gli studenti e i pensionati.

Di fronte al disegno complessivo che viene avanti con queste modifiche istituzionali, che si accompagnano poi a cosiddette “riforme” che, dalla scuola al mercato del lavoro, hanno una chiara impronta conservatrice, conviene prepararsi da subito alla campagna referendaria, per dire No a questa manomissione della nostra Costituzione. Costruiamo dei comitati tra tutti coloro che hanno a cuore la qualità della democrazia e considerano la Costituzione un buon programma da attuare e non un ferrovecchio da rottamare.

Luca De Marco

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Questo 25 Aprile

In questo 25 aprile del 2014 vi sono almeno due grandi questioni aperte sul presente che ci rimandano  al significato di questo anniversario della Liberazione.Immagine

Uno riguarda la sovranità nazionale. Il 25 aprile del 1945 il Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia proclama a Milano l’insurrezione generale per cacciare i tedeschi. E’ Sandro Pertini che alla radio annuncia lo sciopero generale: « Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire. ». Fortunatamente, oggi non vi è in Italia alcuna occupazione militare e il rapporto con la Germania si pone in tutt’altri termini. Epperò, è ben vero che la nostra cessione di sovranità nazionale in direzione dell’Unione Europea che si è verificata negli ultimi anni è stata più una cessione di sovranità alla conventicola dei capi di governo dell’Unione, egemonizzata dalla leadership tedesca, piuttosto che il contributo alla nascita di una vera Unione Europea dei cittadini, democratica e inclusiva. Quando invece, il progetto degli Stati Uniti d’Europa, che nel 1941 l’antifascismo italiano seppe esprimere con incredibile lucidità nel manifesto di Ventotene, scritto dal confino da Altiero Spinelli e Ernesto Rossi, prevedeva che per assolvere ai propri compiti “la Federazione deve disporre di una magistratura federale, di un apparato amministrativo indipendente da quello dei singoli stati, del diritto di riscuotere direttamente dai cittadini le imposte necessarie per il suo funzionamento, di organi di legislazione e di controllo fondati sulla partecipazione diretta dei cittadini e non su rappresentanze degli stati federati”. Tra breve andremo a votare alle elezioni europee, con una legge elettorale incostituzionale e antidemocratica, e nella totale confusione di idee e programmi in merito al futuro dell’Unione Europea. Ci soccorre, e ci occorre ancora, la limpida visione di Spinelli e Rossi quando pensavano agli Stati Uniti d’Europa come fattore di pace, con un esercito unico e una politica estera comune, e scrivevano: “la federazione europea riduce al minimo le spese militari, permettendo così l’impiego della quasi totalità delle risorse a scopi di elevazione del grado di civiltà”. Allora, la lotta per la sovranità nazionale e per “la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine”, nel tempo di oggi è la questione della ricostruzione di una sovranità democratica in Italia e la costruzione di una nuova sovranità democratica a livello europeo, che passa attraverso la radicale messa in discussione della natura intergovernativa e tecnocratica del governo dell’Unione.

L’altro tema di cui ci parla il 25 aprile è la nostra Costituzione, figlia di quella stagione di lotte e di quella capacità di unità nelle differenze che il fronte antifascista seppe mettere al servizio della nascita della Repubblica e della costruzione della democrazia. Oggi siamo di fronte ad un disegno di revisione profondissimo della Costituzione. Tramontato il progetto di mettere in campo una procedura straordinaria per aggirare l’art. 138 e costruire una commissione parlamentare nella quale concordare tra i due maggiori, o quasi, partiti le regole a misura loro, così come qualche anno addietro si fece dentro una baita a Lorenzago, oggi che tutto è più spudorato si è di fronte ad un patto privato tra due capipartito, uno dei quali condannato a quattro anni e affidato ai servizi sociali per frode fiscale, l’altro che conta su una forza parlamentare eletta con un mandato e in una alleanza compeltamente diversi. Questo Parlamento, eletto con una legge elettorale dichiarata incostituzionale perché non rispettosa del principio di rappresentatività, dovrebbe quindi ratificare il disegno di riforma costituzionale che promana non da sé stesso ma dal Governo, sulla base di un accordo privato extraistituzionale. Siamo in una situazione che legittima l’Associazione Nazionale dei Partigiani d’Italia a dire che non siamo in una situazione di normalità democratica. La riscrittura della carta fondamentale non può essere dettata da esigenze elettoralistiche o, peggio, personalistiche, di questo o quel capo partito, e realizzata da un parlamento che la corte costituzionale ha sostanzialmente delegittimato della sua funzione costituente perché poco rappresentativo del popolo italiano. E anche nel merito delle proposte, l’idea di accentramento dei poteri e di riduzione del coinvolgimento elettorale e democratico dei cittadini contenuta nel patto dei capi dei capi va in direzione opposta a quanto bisogna invece chiedere si realizzi a livello europeo e a livello nazionale: un rinnovamento democratico reale delle forme e della sostanza della politica e delle istituzioni che metta al primo posto le persone, il lavoro, i diritti, l’ambiente.

Per questo il 25 Aprile è un anniversario e una festa che ancora ci chiama alla lotta, pacifica e democratica, per la liberazione dalle nuove forme di oppressione che affliggono il nostro e gli altri popoli europei.

Luca De Marco

 

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seguiamo la via maestra, Pullman da Treviso per la manifestazione a Roma

Il 12 ottobre l’appuntamento è a Roma in Piazza della Repubblica.
Arriveremo a Roma da tutt’Italia per una grande manifestazione nazionale per difendere la Costituzione e rivendicarne l’applicazione.

Come è scritto nell’appello “La difesa della Costituzione è innanzitutto la promozione di un’idea di società, divergente da quella di coloro che hanno operato finora tacitamente per svuotarla e, ora, operano per manometterla formalmente. […] Non è la difesa d’un passato che non può ritornare, ma un programma per un futuro da costruire in Italia e in Europa.”

Per la riuscita della manifestazione è però fondamentale la partecipazione di tutti. Questa, infatti, è una manifestazione promossa da personalità come Lorenza Carlassare, Don Luigi Ciotti, Maurizio Landini, Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky, ma si basa sull’impegno di tutte e tutti i cittadini che vi si riconoscono.

Partenza ore 5.00 da CONEGLIANO (Tv) presso il parcheggio adiacente alla Camera del Lavoro – CGIL di Conegliano – Viale Venezia 16

Partenza ore 5.30 circa da Parcheggio EMISFERO via Eroi di Podrute 3/5 Silea – nei pressi dell’uscita autostradale TREVISO SUD

prenotazioni Christian 3420472468, mail treviso@selveneto.eu

via maestra

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Come la peggiore partitocrazia

“Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri.” Così recita la Costituzione: il Presidente della Repubblica può nominare chi gli pare. Dopodiché, sempre secondo Costituzione: “Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere”, e “entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia”. Dentro questi binari la prassi costituzionale vuole che il Presidente consulti i presidenti delle Camere e i gruppi parlamentari per non affidare un incarico a casaccio, ma avendo ben presente l’orientamento dei gruppi, le loro indicazioni su chi gradirebbero come presidente e le disponibilità a sostenere una o l’altra ipotesi di governo. Con il quadro completo delle indicazioni il Presidente, nella sua totale libertà, può conferire a qualcuno un incarico per formare un governo, cioè in pratica presentare una lista di ministri e procedere poi al Giuramento, o un incarico di tipo “esplorativo” a qualcuno che continui l’opera di consultazione con i gruppi parlamentari, per poi riferire nuovamente al Capo dello Stato. Oppure un cosiddetto “pre-incarico” che è una sorta di via di di mezzo tra il mandato pieno e il mandato esplorativo.

I vari gruppi parlamentari ricevuti da Napolitano gli hanno quindi esposto le loro preferenze sulla persona da incaricare o sul tipo di governo e di maggioranza che sono disposti a sostenere. L’unico gruppo che non si è attenuto non solo alla prassi e alla norma costituzionale ma neppure al buonsenso sono i soliti grillini, che hanno rilasciato dopo l’incontro dichiarazioni puerili e capricciose, dimostrandosi del tutto inconsapevoli del momento e dell’importanza della situazione.

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ODG in Provincia: Chi nasce in Italia è italiano

Provincia di Treviso

Gruppo Consiliare Sinistra Ecologia Libertà

Treviso, li 28 novembre 2011

 

 

Al Signor Presidente Della Provincia di Treviso

Al Signor Presidente Del Consiglio Provinciale

 

Ordine del Giorno:

Chi nasce in Italia è italiano

 

 

IL CONSIGLIO PROVINCIALE DI TREVISO

 

PREMESSO CHE:

  • Il Presidente della Repubblica Napolitano ha indicato come una delle priorità per il parlamento italiano di affrontare il problema della cittadinanza italiana, per tutti i bambini nati nel nostro paese , da figli di immigrati stranieri.

CONSIDERATO CHE:

  • La Provincia di Treviso è una delle provincie italiane con la più alta percentuale di stranieri regolari (11,5% sul totale dei residenti ) e che dei 9.018 nati nell’anno 2010, 2.148 erano stranieri ( 23,8% del totale dei nati), aumentando in modo positivo anche il numero dei bambini nella marca, a favore di un netto ringiovanimento della popolazione trevigiana . Questi nuovi nati rappresenteranno uno dei motori di rilancio per il nostro territorio nei prossimi anni.

CHIEDE :

  • Che la Provincia di Treviso sia promotrice di un’iniziativa che abbia lo scopo di permettere a tutti i nuovi nati da cittadini stranieri, di avere in dono un certificato di “cittadino italiano onorario “ insieme ad una copia della Costituzione ed un piccolo gadget dono che abbia ben visibili i colori della nostra bandiera italiana, al momento della loro nascita sul suolo italiano.

Luigi Amendola

Consigliere Provinciale

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CASTELFRANCO: A DIFESA DELLA COSTITUZIONE: se non ora quando?

Come in tante città d’Italia anche a

CASTELFRANCO VENETO
saremo in PIAZZA GIORGIONE
SABATO 12 MARZO ORE 16.

Così come specificato nel sito nazionale:
•       La manifestazione è aperta a chiunque creda che la Costituzione sia una somma di diritti e di doveri per tutte le cittadine e tutti i cittadini, che sono sovrani nel proprio paese, come sancito dall’Art.1.
•       La manifestazione è organizzata per difendere i valori della legalità repubblicana – troppo spesso impunemente violati – e della dignità costituzionale che non dev’essere calpestata.
•       La manifestazione vuole ribadire la necessità della certezza del diritto, che  è  il primo bene pubblico indispensabile per ciascun cittadino, di qualunque schieramento. Per questo motivo si preferisce non vi siano simboli riconducibili a partiti o sindacati, nel rispetto dell’iniziativa che vuol’essere trasversale ed aperta a chiunque vi si riconosca.
•       La manifestazione si rivolge a tutte e tutti, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, come sancito dall’Art.3, perché la Costituzione è di tutte e tutti e dev’essere protetta e difesa da cittadine e cittadini, giovani e meno giovani. Sempre.
•       La manifestazione è più bella se avremo tra le mani un tricolore e una costituzione con i quali urleremo ‘basta’ a chi continua ad anteporre interessi privati al bene comune del nostro paese.
•       Porta con te alla manifestazione la Costituzione (puoi scaricare la copertina dal sito http://www.adifesadellacostituzione.it/ e stampare l’immagine)

Lo spirito della manifestazione è espresso con chiarezza da Giuseppe Giulietti, a nome del Comitato promotore. Egli afferma:
“L’assalto di Berlusconi alla scuola pubblica è un altro colpo alla Costituzione e al principio di uguaglianza. Dario Franceschini ha proposto una grande giornata unitaria senza bandiere di partito e non vi è dubbio che la giornata unitaria del 12 marzo “A difesa della Costituzione” potrà e dovrà mettere al centro dell’attenzione la difesa della scuola pubblica che è parte essenziale della Carta”. Sulla difesa della scuola pubblica dagli ultimi attacchi del Premier c’è trasversalità e volontà di difesa comune. Le dichiarazioni che vanno da Italo Bocchino a Nichi Vendola, da Antonio Di Pietro alla Federazione della sinistra e di tante associazioni di diverso orientamento politico, vanno nello stesso senso. Dopo avere minacciato giudici e giornalisti, ora vorrebbero imbavagliare professori, studenti e famiglie; ormai è un delirio che va arrestato, mettendo insieme, sotto i simboli del tricolore e della Costituzione, chiunque abbia a cuore la legalità repubblicana”.

a nome del comitato promotore della castellana
Barbara Ferrazzo

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Per la scuola

C’è una parola che non mi piace affatto: “inculcare”. Il presidente del consiglio l’ha usata a proposito dell’ultimo attacco alla scuola “di stato”. La scuola pubblica inculcherebbe, a suo dire,  valori che sono contrari a quelli che le famiglie vorrebbero inculcare ai loro figli. Questa parola “inculcare”  è un concentrato di becero autoritarismo. Questi eserciti di figli tutti inquadrati e tutti assolutamente certi dei valori che non hanno compreso e nemmeno condiviso, che gli sono stati inculcati prima e a prescindere dalla loro capacità di assumerli responsabilmente. Indottrinati, poiché questo è l’indottrinamento, pronti ad eseguire senza pensare o ad obbedire senza interrogarsi “mai” sul fatto che ciascuno è “responsabile” delle proprie scelte e che la scelta morale è sempre e comunque la “propria” scelta. I valori non stanno lì, belli e pronti, come le scatolette sugli scaffali del supermercato, non sono dei contenuti da travasare nelle teste vuote dei giovani, sono strumenti attraverso i quali educare alla responsabilità e alla cura della comunità nella quale si vive, la cui attualità sta nell’esempio e non nella retorica pomposa  di chi li adotta. Non sono parole da apprendere a memoria, ma orizzonti nei quali incardinare le decisioni che contano, Abbiamo una grande fortuna, la Costituzione è il punto di riferimento che sta alla base della nostra comunità: in essa troviamo quell’orizzonte che è insieme la condizione della possibilità di crescere come cittadini responsabili, attenti e liberi  in una scuola, appunto quella voluta dai Padri costituenti, in cui vige prima di tutto il rispetto, il confronto e il dialogo, tutti prerequisiti della libertà di cittadini e non di sudditi. Ed ora mi chiedo: quali genitori non desiderano questo per i loro figli?

Anna Caterina Cabino

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